Il governo uscente sembra essersi specializzato in decreti dell’ultima ora. Dopo quello che ha permesso un incremento delle tasse aeroportuali a fine dicembre, è arrivato il decreto firmato dal ministro Corrado Passera che assegna 80 milioni di euro solo per alcune Autorità Portuali. Non è la prima volta che questo avviene, dato che proprio lo scorso dicembre si era scatenata una protesta per l’assegnazione di 100 milioni di euro per il solo sviluppo del Porto offshore di Venezia.

All’epoca le restanti Autorità Portuali scesero sul piede di guerra. E come dargli torto, dato che rimanevano quasi senza risorse e soprattutto si assegnavano i milioni di euro senza alcuna strategia di lungo periodo e senza spiegazioni di ogni sorta. Ora invece è stata l’ora di Genova, Savona, Civitavecchia, Gioia Tauro e Cagliari. Nel complesso, come dicevamo, sono stati assegnati 80 milioni di euro. 

Vi sono da evidenziare due punti importanti: primo, il fatto che le risorse stanziate non siano molte e siano comunque insufficienti a sviluppare un settore che conosce un’arretratezza rispetto ai competitor del Nord Europa. Genova ad esempio riceverà solo 20 milioni di euro, pari ad un quinto di quanto dato a Venezia, mentre Savona, che aveva bisogno di 200 milioni di euro per lo sviluppo del terminal, ha visto arrivare circa 25 milioni di euro.

In secondo luogo è il metodo di assegnazione deciso dal governo e dal viceministro per le Infrastrutture, Mario Ciaccia. Prima il decreto a favore di Venezia ed ora questo verso altri cinque terminal italiani. Come sono stati decisi questi finanziamenti? Quale strategia è stata adottata in una visione d’insieme di sviluppo dei Porti Italiani? Ancora una volta non sembra esserci stata una visione d’insieme, dato che a dicembre c’era stata la rivolta contro il viceministro Ciaccia di tutte le autorità Portuali ad eccezione di Venezia e dopo questo ulteriore decreto il malcontento si è generalizzato a tutto il settore marittimo.

L’utilizzo dei decreti dimostra che il governo va avanti per singoli provvedimenti, quando invece le cose da fare sarebbero davvero molte. Non è solo questione di soldi, che certamente rimane un problema molto sentito. In tema infrastrutturale, gli ultimi Governi hanno dimostrato di avere la sola preoccupazione di distribuire i soldi ogni volta che vi erano un minimo di risorse disponibili. Nessuna previsione e soprattutto nessuna visione.

Il settore portuale italiano soffre di una certa arretratezza. Non tutte le colpe sono Ministeriali dato che esistono rendite di posizione e veti incrociati che rendono impossibile la modernizzazione del sistema portuale. Questa situazione d’impasse non è stata mai risolta da nessun governo. Si va avanti per singoli provvedimenti. Come ha mostrato la pessima gestione della privatizzazione di Tirrenia da parte del governo Berlusconi, anche quando c’era la volontà di mettere sul mercato l’azienda e cercare di limitare gli interessi impropri dei sindacati, si è arrivati ad un fallimento totale. Perdite enormi per i contribuenti, che hanno finanziato per dieci anni circa due miliardi di euro tramite sussidi e al contempo incapacità di salvare l’azienda.

Nei porti la situazione è simile. La mancanza di liberalizzazione, fa sì che ogni singola Autorità Portuale si comporti come un piccolo monopolista, con poche eccezioni. Vi è inoltre un punto ben più grave che i tutti i governi si sono detti interessati a migliorare, ma che in pratica non è mai stato affrontato seriamente: la burocrazia.In Italia questo rimane uno dei più grandi ostacoli anche nel settore portuale. La semplificazione doganale deve essere effettuata al fine di velocizzare le pratiche commerciali. Solo in questo modo si potrà pensare di attrarre i traffici che arrivano dal Sud Est Asiatico che transitano vicino all’Italia, ma che sbarcano quasi sempre nei porti del Nord Europa. Dogane aperte ventiquattro ore al giorno ed efficienti potrebbero aumentare l’attrattività del nostro sistema portuale. 

Un ultimo punto non meno importante è l’incapacità italiana di fare progetti intermodali. Molto spesso i porti sono mal collegati al sistema ferroviario e questo penalizza fortemente i sistemi portuali e la loro competitività. Il governo con l’ennesimo decreto ha dimostrato di andare avanti per inerzia e con sussulti, senza tuttavia riuscire ad avere una visione che potesse essere minimamente utile al settore portuale.

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