Il nome Snep non è ancora diffuso nell’arcipelago giapponese, ma racchiude un problema sociale noto da un po’ di tempo. Si tratta di una nuova categoria di persone individuate da una recente ricerca ripresa dal Japan Real Time: sono disoccupate e, oltre a quelle con i parenti, non hanno altre relazioni sociali. In inglese sono definite Solitary Non-Employed Persons.
Più precisamente il termine si riferisce a individui “in età lavorativa compresa tra i 20 e i 59 anni, che non stanno frequentando la scuola, non lavorano, non sono sposati e non hanno legami con la società”. Questa nuova sigla si trova in uno studio fatto da Yuji Genda, ricercatore dell’università di Tokyo, basandosi sui dati di una ricerca condotta ogni cinque anni dal ministero degli Interni.
Le definizioni per catalogare i nuovi fenomeni sociali in Giappone sono numerosi. Tra i più recenti c’è il termine “freeter”, che indica persone non assunte a tempo pieno, ma che vivono mettendo assieme modesti guadagni da diversi lavori. E ci sono poi i “Neet“, termine usato dapprima nel Regno Unito ma che ha avuto più successo in Estremo oriente, e che si riferisce a persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e non fanno altre attività di formazione.
In Giappone il numero degli Snep è cresciuto da 800mila nel 2001 a 1,12 milioni nel 2006 e oggi sono più di un milione e mezzo le persone che vivono in questa condizione. Nel 2011 i Neet erano 600mila e i freeter 1,76 milioni su una popolazione di quasi 130 milioni.
Le difficoltà economiche del Giappone stanno da anni spegnendo le certezze di molti giovani di trovare un posto di lavoro per la vita ancor prima di laurearsi, grazie a un sistema chiamato “naitei”. E spesso la difficoltà di essere assunti subito dopo il diploma preclude la possibilità di una buona occupazione per sempre. A questa situazione si aggiunge il crescente numero di persone che perdono il lavoro a 40 e 50 anni e che faticano a reinserirsi.
Il governo giapponese si sta impegnando per combattere la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, con una serie di progetti, ma per ora con scarso successo. E le conseguenze sociali per le persone escluse dal mondo lavorativo spesso sono irreversibili.
“Le persone isolate perdono la voglia di cercare un lavoro”, ha commentato il professor Genda in un’intervista al Mainichi Shimbun. “Anche se le loro famiglie riescono a sostenerli economicamente, avranno difficoltà economiche in futuro”.