“Sì, certo siamo Italiani”, rispondo, sperando che non si vada oltre. Non finisco la frase che ecco parte la freccia.
“Mammaaaa, cosa vuol dire essere litaliani?”
Hai que dolor! Faccio finta di non aver sentito, e dal momento che sono impegnata in una gincana in bici nel bel mezzo di uno degli incroci più pericolosi del Sud Est asiatico, avrei anche tutti i diritti di non rispondere.
“Mammaaaa”
Niente, attende spiegazioni argomentate, altrimenti si rischia di entrare nel tunnel del perché e del percome e li mi incarto, di sicuro. Deglutisco, respiro profondamente, raccolgo le idee.
Da dove inizio? Rinascimento, Risorgimento e poi dritti alla Costituente? e la Resistenza dove la mettiamo? I mondiali dell’82, li lascio stare, o no? un veloce accenno a Bologna e Ustica? No, no ragiona – mi dico – non ha ancora sei anni e le “mammemature” mi criticano per questa mania che ho di parlare ai bambini da adulti, dicono che non è per niente moderna, anzi potenzialmente deleteria. Ma anche lui, cosa gli viene in mente, la domanda della scorsa settimana sulle coppie gay a confronto era roba da ridere.
“Vuol dire che sei nato in Italia, che non è il tuo caso lo so…”, pessimo inizio non posso che migliorare.
“….e che quindi sei cittadino di un paese che si chiama Italia, che è anche gran bel posto e… Direi che potresti anche andarne fiero”. Chioso in maniera patetica. E in più non mi pare di averlo convinto.
“Se sei litaliano devi sapere litaliano?”
[Nicoletta Ferro nel suo blog Shanghai e altri animali racconta con una prospettiva dal basso come si nasce, si cresce e si impara a vivere in questa parte di mondo. La prospettiva dal basso è quella di chi non arriva al metro di altezza, ma ha parecchie cose da dire]