Tutti sono uguali davanti alla legge. Ma non tutte le regole sono uguali.
Applicare la legge a tutti è ancora oggi una sfida, una promessa da mantenere per rispettare la Costituzione, non una realtà che possiamo dare per scontata.
Il tentativo di ostacolare e delegittimare la magistratura purtroppo non è senza precedenti ma sta riuscendo a raggiungere nuovi abissi istituzionali con la manifestazione davanti al Tribunale. I magistrati impegnati nei processi vanno avanti con la schiena dritta e non bisogna cadere nella provocazione, ma vedere il tentativo della politica di ostacolare dei processi è un fatto eversivo degli equilibri costituzionali.
Anche perché si tratta di processi basati su fatti (non sta a me se dire accertati… ma su fatti…) e non di persecuzione politica, come risulterebbe evidente a chiunque abbia la voglia e il coraggio di guardare le carte e di non usare la polemica politica come una clava.
Si è arrivati a sostenere che uno dei magistrati non sia sereno perché il padre era Guido Galli, straordinario magistrato assassinato il 19 marzo 1980 mentre con il codice in mano si recava a fare lezione in Università. Qual era la sua colpa? Prima Linea scrisse, in una rivendicazione che ogni volta mi fa venire i brividi, che era un “esponente della magistratura riformista e garantista”. Sì, riformista e garantista… questa la sua colpa. E oggi la colpa è diventati essere figli di questo martire delle istituzioni che è stato ucciso per la sua fede nelle regole.
Ma non tutte le regole sono uguali… dicevamo… No.
C’è una gerarchia tra le fonti del nostro ordinamento: la Costituzione sta sopra ogni altra norma, i Trattati Europei non possono essere contraddetti da una norma nazionale, le leggi prevalgono sui regolamenti del governo….e così via.
Perché la Costituzione deve valere più di altre regole decise dalla maggioranza dei parlamentari?!!?
Perché, per usare l’immagine di Zagrebelsky, “la Costituzione è “ciò che ci siamo dati da sobri a valere per i momenti in cui siamo ubriachi”.
I Padri Costituenti, che avevano visto l’Europa distrutta da populismi saliti inizialmente al potere con il voto democratico, sapevano che la democrazia è un oggetto più delicato e complesso della semplice regola per cui chi prende più voti comanda… Per questo hanno tra l’altro stabilito nell’art. 67 che non vi è vincolo di mandato: ogni parlamentare è responsabile politicamente di quello che decide ma non può impegnarsi prima o altrove per le sue scelte, che devono essere dettate da scienza (cioè dalla propria intelligenza) e da coscienza. Questo espone al rischio di piroette e ribaltoni? Certamente, ma è un presidio di libertà che tutti i paesi occidentali garantiscono e che ha radici antichissime.
Il problema è che la legge elettorale non ci consente di sanzionare politicamente chi ha sbagliato o tradito le nostre aspettative: non possiamo non votare qualcuno perché possiamo solo scegliere i partiti. Questo meccanismo inquina il principio dell’articolo 67 ma il divieto del vincolo di mandato resta un baluardo di una democrazia matura che non solo non ha paura delle voci dissenzienti, ma che le vuole proteggere e garantire.