Un paese può vivere di proclami? No, a maggior ragione se è colpito da una devastante crisi ed è stato curato con le bombe. Le fabbriche chiudono, il commercio langue, il lavoro manca, le banche strozzano quel po’ che resta. Un’intera generazione è immiserita e priva di speranze. Insomma un disastro. E i nostri? Discettano di casta, di tagli di stipendi (in verità molto capienti) e di altro ancora. Intendiamoci, cose importanti con cui però non si mangia. Bisognerebbe anche pensare come far ripartire la produzione (industriale, agricola, culturale) e come garantire i diritti dei cittadini.

Mentre sta per arrivare la tempesta ci rinfreschiamo con i ventagli, grandi e sgargianti. Ed é tutto un rincorrersi a chi ce l’ha più bello. “Guarda io ti sventolo metà stipendio“ “io invece mi rinfresco togliendomi anche la casa di servizio”. Pure i grillini incominciano sul tema a straparlare: “non basta! Di più, taglia, taglia” proclamano baldanzosi. Speriamo che non finiscano come quelli del romanzo di Buzzati “La famosa invasione degli orsi in Sicilia“, cioè anch’essi un po’ seduti (intanto al ristorante della Camera). In questa foga che ha preso tutti di rivoluzione a chiacchiere, di ostentazione del gesto, manca una cosa essenziale: il diritto alla sopravvivenza. Ha ragione Amartya Sen quando critica l’appagamento mentale soggettivo (per la moda del momento coincidente con la caccia al predone della casta), perché questo stato non coincide mai con i livelli adeguati di vita. Veniamo da un periodo buio dove l’attenzione è stata spostata dal valore delle libertà a quello delle utilità, dei redditi e della ricchezza.

Ci vorrebbe un bel salto intellettuale ed invece si discute di marginalità. Peggio si va in televisione. Ah la televisione maledetta televisione. Tutti ci cascano inesorabilmente dentro. Grasso che subito comincia a comparire da tutte le parti, telefona in diretta e chiede confronti. Bersani che nel primo giorno di consultazioni sente Saviano. Grillo, che ha in gran parte costruito le sue fortune sulla rete, che non disdegna mute e lunghe comparse nei notiziari Tv. Per non parlare di Berlusconi, sempre mediaticamente onnipresente e ossessivo. Esisti dunque se sei televisivo. Sei importante se sei televisivo. Servi al paese se sei televisivo. Altro che essere piuttosto che apparire!

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