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Marò, l’India rivendica: “Ha pagato la linea dura”

Il ministro della Difesa A. K. Anthony sostiene che Latorre e Girone sono tornati in India grazie all'"atteggiamento deciso" della Corte Suprema e del governo indiano. Atteggiamento che rinfocola i timori sulla sorte dei due

La linea dura ha pagato: così il ministro della Difesa indiano, A.K. Antony ha sostenuto oggi a Trivandrum, in Kerala, che i due marò italiani sono ritornati in India grazie “all’atteggiamento deciso” della Corte Suprema e del governo del Paese. Lo riferisce l’agenzia di stampa Pti. “La questione è stata risolta – ha spiegato – senza molti problemi con il deciso atteggiamento assunto dalla Corte Suprema e il suo energico intervento”. I due marò sono rientrati in India tra le polemiche. Ad alimentarle, l’ipotesi che per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone possa essere richiesta una condanna a morte, pena prevista dal Codice penale indiano per il reato di omicidio.

Esponenti politici, e perfino i vertici militari italiani, hanno espresso posizioni molto preoccupate. Tra tutti, quelle del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il quale ha detto che la vicenda “assume sempre più i toni di una farsa”. A ravvivare il fuoco già ieri sotto le ceneri sono state dichiarazioni del ministro della Giustizia, Ashwani Kumar, che ha elogiato la totale indipendenza della giustizia e della Corte Suprema indiani, negando accordi sottobanco con l’Italia. “In India non è possibile – ha detto – che un membro dell’esecutivo dia garanzie sul risultato di un procedimento giudiziario”.

Kumar ha risposto così ad una domanda trabocchetto dell’intervistatore, secondo cui il suo collega degli Esteri, Salman Khurshid, aveva “offerto garanzie” all’Italia che i marò “non sarebbero stati arrestati al loro ritorno”. Nella nota diffusa prima della partenza di Latorre e Girone per New Delhi, Palazzo Chigi aveva sostenuto che “il Governo ha richiesto e ottenuto dall’India assicurazioni scritte sul trattamento riservato ai Fucilieri di Marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali”.