La condanna a sette anni per concorso esterno nel nuovo processo d'appello arriva dopo vent'anni di inchiesta. La Corte d'appello di Palermo riconosce l'ex senatore Pdl colpevole fino agli anni che precedono la nascita di Forza Italia. La reazione: "Mi accusano solo perché ho conosciuto Mangano e Cinà"
Otto mesi di udienze, due processi di appello, un’inchiesta lunga vent’anni e appena sei ore di camera di consiglio per decretare che Marcello Dell’Utri è stato effettivamente l’uomo cerniera tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. I giudici della terza sezione della corte d’appello di Palermo hanno dato ragione al sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio, condannando l’ex senatore del Pdl a sette anni di carcere. “La corte conferma la sentenza del primo processo d’appello” ha detto il presidente Raimondo Lo Forti, leggendo la sentenza in pochi minuti. A pochi metri da lui l’ex senatore del Pdl incassava il colpo non tradendo la minima emozione. “E pigliamoci pure questa – è stato il commento a caldo di Dell’Utri che si è rapidamente allontanato tra la pioggia – posso essere accusato di concorso esterno solo perché ho conosciuto Mangano e Cinà? Negli anni ’70 era normale conoscere persone che poi si sarebbero rivelate mafiose. Anzi era un’ambizione”.
Ma non si tratta soltanto di Vittorio Mangano. Anche per i giudici del secondo processo d’appello Dell’Utri ha agevolato tutta Cosa Nostra dopo il 1977. “Cu mancia fa muddichi (chi mangia fa briciole). Io ho voluto volare alto e per questo sono incappato in questi processi favola. Se ti stai fermo non ti sporchi” era stato il commento di Dell’Utri poco prima che i giudici uscissero dalla camera di consiglio.
Le indagini sull’ex senatore del Pdl erano cominciate nel 1994. Dopo una condanna a nove anni in primo grado, nel 2010 Dell’Utri era stato condannato a sette anni di carcere nel primo processo di appello. Nel marzo scorso però la Cassazione aveva sancito che non erano stati sufficientemente provati i rapporti tra Dell’Utri e Cosa Nostra tra il 1977 e il 1982: è il periodo in cui l’ex senatore si allontana da Berlusconi per andare a lavorare dal finanziere palermitano Filippo Alberto Rapisarda. È proprio per colmare quel buco investigativo che gli ermellini avevano ordinato un secondo processo d’appello.
Erano stati già provati oltre ogni ragionevole dubbio invece i rapporti tra Cosa Nostra e Dell’Utri fino al 1977. Sono gli anni in cui il futuro fondatore di Forza Italia conduce da Berlusconi le richieste estorsive di Cosa Nostra che negli affari milanesi avrebbe investito cospicue somme di denaro, come rivelato da collaboratori di giustizia del calibro di Domenico Di Carlo, Antonino Giuffrè e Gaetano Grado. E per “blindare” il rapporto con B, Cosa Nostra inviò ad Arcore un pezzo da novanta: Vittorio Mangano, eroico stalliere per l’ex premier e per l’ex senatore, boss di rango nella storia di Cosa Nostra.
Ma i rapporti tra la Piovra e il futuro presidente del consiglio continuarono almeno fino al 1992, con Berlusconi parte lesa e Dell’Utri mediatore e garante degli interessi di Cosa Nostra sul ras di Arcore. Interessi che per gli ermellini si sono fermati però proprio all’alba della nuova avventura politica, che con Forza Italia, il nuovo partito targato Dell’Utri, lancia B alla guida del Paese. Un periodo in cui i contatti di Dell’Utri con Cosa Nostra, nel processo per concorso esterno, non sono stati sufficientemente provati.
Del periodo post ’92 si occuperanno i giudici del processo sulla Trattativa tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra, che inizierà a maggio e dove Dell’Utri è imputato per violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato. I contatti precedenti tra l’ex senatore e la mafia hanno invece incassato il secondo bollo di conferma in appello. Adesso è corsa contro il tempo per la prescrizione, che scatterà nel giugno del 2014. Se la suprema corte dovesse confermare la sentenza di condanna a sette anni entro quella data per Dell’Utri si aprirebbero le porte del carcere. In caso l’ex senatore sarebbe un condannato in via definìtiva per concorso esterno a Cosa Nostra, ma prescritto. “Diceva Andreotti che la prescrizione è meglio di niente” ha commentato il diretto interessato.
“Dell’Utri è un manager intellettuale o un uomo che nel male ha vissuto inquinando la vita politica e imprenditoriale di questo Paese agevolando gli interessi di Cosa Nostra?” si era chiesto il pg Patronaggio nella sua requisitoria. Oggi i giudici gli hanno fornito una risposta optando per la seconda ipotesi.