Dunque il tanto atteso (e temuto, almeno da me) duello tra Grasso e Travaglio pare non si faccia, né stasera, né domani, né mai. E – credetemi – sarebbe una bella fortuna. Infatti, bisogna essere davvero ingenui (oppure un po’ furbetti) per credere e far credere che questi confronti televisivi siano un momento di trasparenza da cui i cittadini possono trarre conoscenza approfondita del problema e una conseguente opinione fondata sui fatti.
Non è mai accaduto in vent’anni di dominio informativo del talk show e dei formati simili. E tanto meno può accadere quando l’oggetto di dibattito è una faccenda così intricata, piena di intrecci tra atti giudiziari e legislativi, carte che tutti si dicono pronti a mostrare ma la cui decifrazione non è certo cosa da tutti. In realtà ciò che i cittadini-telespettatori possono giudicare (e sempre giudicano) davanti a un simile confronto non è e non può essere la verità dei fatti ma il valore dei contendenti: chi è più convincente, chi propone le sue ragioni con maggior chiarezza ed efficacia, chi riesce a mettere in difficoltà l’avversario, chi risulta più credibile e simpatico.
Sono decenni che andiamo avanti su questa strada e ancora non ci bastano i guai che ha prodotto? Il talk politico italiano – è sempre bene ricordarlo – è un format che nasce dai processi biscardiani, dal confronto serrato, teso attorno a un fuorigioco non fischiato o a un rigore assegnato: questioni – intendiamoci – complesse, di difficile interpretazione non meno di quelle che riguardano la carriera del Presidente del Senato.
E’ quello il modello televisivo vincente e popolare che si applica alla lettura della politica. Ma come nel suo progenitore e modello biscardiano, a far scegliere quale parte prendere è il tifo, un pre-giudizio, per cui le immagini confermeranno ai tifosi romanisti che il rigore concesso alla loro squadra c’era, mentre i tifosi laziali dedurranno dalle stesse immagini il contrario. E, allo stesso modo, i simpatizzanti di Travaglio avrebbero visto nei documenti presentati i trucchi orditi da Grasso e i sostenitori di Grasso l’inconsistenza delle accuse di Travaglio. Così funziona questo genere di tv e non c’è in questi formati nessuna possibilità di fare un passo avanti nella conoscenza. Al di là della simpatia, del tifo e delle abilità retoriche, i fatti si annullano a vicenda e la comunicazione si trasforma in quello che Enzesberger considerava la tv: il medium zero.