Circa un anno fa pubblicai un bellissimo intervento di Duccio Berzi sulla diffusione del lupo in Italia.
È trascorso un anno e, anche per ragioni professionali, sto valutando che sono sempre più numerose le voci che, in nome della tutela di chi in montagna ci abita, vorrebbero che si intervenisse per limitare (= cacciare) il numero di questi predatori. Addirittura in Piemonte sta per nascere, con il patrocinio della Provincia di Cuneo (sic), l’Associazione per la difesa dal lupo…
In realtà, a dirla tutta, le voci che si levano alte non sono solo per limitare i lupi, ma anche per limitare gli orsi, rei anche loro di moltiplicarsi, per colpa di una evidentemente improvvida legislazione (anche internazionale) che ne prevede la tutela.
Facciamo allora un po’ di chiarezza. Il nostro orso non è il Grizzly e non rischiamo di finire come nello splendido film di Herzog. Non si hanno notizie di uomini sbranati dagli orsi bruni. Stessa considerazione per i lupi: non esistono notizie di attacchi di lupi all’uomo da duecento anni a questa parte, almeno in Italia.
Ed allora di cosa parliamo? Parliamo di attacchi da parte di lupi ed orsi (ma c’è chi sfiorando il ridicolo accusa anche il povero gipeto, appena reintrodotto…) agli animali domestici (pecore, capre, mucche, asini).
Non voglio assolutamente sottovalutare l’importanza del fenomeno della predazione e neppure contestare che esso sia in aumento su Alpi ed Appennini, ma non siamo più nel 1857, quando i fratelli Grimm scrissero l’immenso “Cappuccetto Rosso”. Se dio vuole, adesso le greggi e le mandrie si possono difendere da lupi ed orsi. E adesso per favore, una parentesi: non chiamatemi ambientalista da salotto, per favore. Ho conosciuto per anni i pastori delle nostre malghe e sono anche andato a fotografarli ed intervistarli. Conosco questa realtà. Dicevo che oggi esistono sistemi come le reti di protezione e come i cani appositamente addestrati per tenere lontani i lupi, sistemi già adottati con successo sulle nostre montagne. E, male che vada, i pastori possono assicurarsi, come peraltro previsto dalla legislazione europea, e le Regioni coprire la spesa.
Quindi, perché questo odio viscerale nei confronti di animali che, tra l’altro, a poco a poco si stanno riappropriando di aree che un tempo erano solo loro? Ma qui entriamo in quel campo scivoloso che riguarda soprattutto la sensibilità che noi abbiamo nei confronti della natura che ci circonda. Perché tutelare la natura? Perché ne siamo parte, e, anche a voler essere antropocentrici, perché non vivremmo senza di essa. Si tratta di sentire questo nel profondo.
Qualche anno fa, durante una gita di scialpinismo, vidi su di una cresta innevata delle orme. Provai un’emozione intensissima al pensiero che fossero di lupo, e probabilmente lo erano. Mi immaginavo il lupo che era passato di lì. Per me era un’immagine magnifica; per un altro, chissà forse la maggioranza di noi, terribile. Qui sta la differenza del sentire ed anche l’incomunicabilità.