“Quel che vi chiediamo ora è non divisione ma, come i nostri fucilieri, mettetevi a braccetto, unite le forze e risolvete questa tragedia”. Massimiliano Latorre rivolge un appello ai politici italiani e per far sentire le sua voce scrive una mail al giornalista Toni Capuozzo. Secondo il fuciliere della Marina, tornato in India venerdì scorso con il collega Salvatore Girone, “non ci serve ora sapere di chi sia stata la colpa, perché non ci porta a nulla e tanto meno non porta a nulla che le forze politiche si rimbalzino le responsabilità”. L’invito di Latorre è all’unità, per giungere il prima possibile alla soluzione della vicenda: “Come dicono i fucilieri: tutti insieme nessuno indietro. Siamo italiani, dimostriamolo, come hanno fatto loro”, ribadisce al giornalista.

Sul piano diplomatico, intanto, proseguono gli sforzi della Farnesina: il sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura ha incontrato a New Delhi il ministro indiano degli Esteri Salman Khurshid. Un colloquio che de Mistura ha definito “molto importante”, senza però sbilanciarsi sull’esito della trattativa. In serata il sottosegretario ha dichiarato che tra Italia e India si è instaurato un “dialogo costruttivo“. “Questo clima – ha precisato – non può che aiutarci a trovare una formula per uscire dalla crisi, riconoscendo la nostra posizione, data l’urgenza per noi di riportare in Italia a testa alta i nostri marò”.  Nei prossimi giorni de Mistura tornerà a Roma, per far poi rientro in India dopo le festività pasquali.

Chi rincara la dose, invece, è il governatore del Kerala, Oommen Chandy: “I marò italiani non sono stati vittime degli eventi politici in corso all’epoca nello Stato indiano e dell’emozione, ma del loro criminale comportamento”. Secondo Chandy Latorre e Girone hanno commesso un reato e sono implicati nell’assassinio di due innocenti. Per quanto riguarda la giurisdizione sul caso, il governatore ha rifiutato qualsiasi possibilità che la giurisdizione sia italiana: “Il processo deve celebrarsi in India perchè loro hanno ucciso due pescatori indiani su una imbarcazione indiana. Per questo non vi è alcuna ragione che sia l’Italia a giudicarli”.

Dopo le polemiche dei giorni scorsi sulle garanzie date dal governo indiano circa le pene da infliggere ai marò, in particolare sulla possibilità di una condanna a morte per i due fucilieri, arriva una notizia che sembra confermare la linea comunicata dal ministro degli Esteri Salman Khurshid. L’Alta corte di New Delhi, inftti, ha designato un tribunale speciale ‘ad hoc’, presieduto dal giudice Amit Bansal, che dovrà esaminare la vicenda e la questione della giurisdizione italiana o indiana. Un tribunale che, secondo l’ordinamento giuridico indiano, non ha nei suoi poteri la possibilità di condannare a morte un imputato. In particolare, il primo comma della sezione specifica che “il tribunale di un magistrato capo giudiziario (a cui equivale quella di un magistrato capo metropolitano, ndr) può dettare qualsiasi sentenza autorizzata dalla legge, eccetto quelle che prevedano la pena di morte o l’ergastolo, fino ad un massimo di sette anni di carcere“.

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