Bersani presidente del Consiglio, Alfano suo vice. Non è fantapolitica, ma la proposta di Silvio Berlusconi. Il Pdl, dice il Cavaliere, si metterà seduto allo stesso tavolo con il leader del centrosinistra solo per dire che quel che serve è un governo di grande coalizione. “Noi diremo a ‘questi signori’ che ci sediamo al tavolo solo se si parla di un governo insieme. Per esempio Alfano vice premier con Bersani premier. Con la partecipazione normale delle forze espresse dagli elettori”. Berlusconi ha un solo obiettivo: non lasciare il Quirinale a una personalità di centrosinistra. “Questa sinistra pensa di occupare tutte le istituzioni – spiega – Al Quirinale ci deve andare un moderato di centrodestra. Noi siamo pronti al confronto con il Pd, ma al Colle non possono mettere uno di loro”.
Ma Bersani, che entro giovedì dovrà presentare al Quirinale gli esiti delle consultazioni, da quell’orecchio non ci vuole sentire. Né sulle larghe intese (e l’ha detto già domenica) né sul prossimo presidente della Repubblica: “Osservo divertito… Ci manca solo che ci mettiamo a parlare anche di quello”. ”Ci manca solo che discutiamo di questo – rincara più tardi – se ne discuterà a tempo debito e non è il caso di mescolare i temi”. Quindi il presidente preincaricato da Giorgio Napolitano rilancia: “Punto a una squadra autorevole in grado di dialogare con tutti” avrebbe detto parlando della formazione di governo durante l’incontro con gli imprenditori. “Sento cose che mi incuriosiscono – ha ironizzato il leader Pd rispetto al totonomi per il Colle – Vorrei dire: ci manca solo che ci mettiamo a discutere di chi è il presidente della Repubblica. Non si sta discutendo di questo, lo faremo a tempo debito, non si mescolano cose palesemente differenti”.
Bersani comincerà domani le consultazioni con i partiti presenti in Parlamento. Incontrerà il Movimento 5 Stelle mercoledì mattina alle 10. L’incontro sarà trasmesso in streaming. Alla riunione parteciperanno i capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi. Pdl e Lega andranno insieme da Bersani, ma non ci sarà Silvio Berlusconi. Martedì Bersani incontrerà le delegazioni delle minoranza linguistiche della Valle d’Aosta, del gruppo misto del Senato, del Psi, poi nel pomeriggio il gruppo Grandi Autonomie e Libertà, Lega Nord e Pdl e Scelta Civica. All’ora di pranzo riceverà anche la delegazione della Conferenza dei Presidenti di Regione.
“Abbiamo dato, mentre incontravamo le parti sociali, 48 ore ai partiti per fare una riflessione ed arrivare all’assunzione di responsabilità davanti al Paese”. Ora tocca ai partiti, dice: “Da domani cominceremo gli incontri con tutte le rappresentanze parlamenti secondo la linea più volte descritta che cerca di trovate una soluzione alle condizioni date”. Di certo Bersani manda un messaggio a Berlusconi: “Siamo al dunque, bisogna fare discorsi seri, al mattino non si può annunciare la guerra mondiale e al pomeriggio abbracci”.
Il leader Pd a Le Monde: “Non riesco a essere demagogico”
“Non riesco a essere demagogico” confessa il leader del centrosinistra a Le Monde. “Questa elezione – afferma Bersani al corrispondente a Roma Philippe Ridet – non mi ha insegnato nulla di più su me stesso di ciò che già sapessi guardandomi allo specchio. Ho avuto la conferma che non riesco ad essere demagogico”. Oggi Le Monde dedica a Bersani un lungo articolo intitolato “Mission impossible”. Un riferimento al compito del leader del Pd di formare il nuovo governo. Per il giornale, Bersani, che “fino ad ora aveva curato la sua reputazione di uomo tranquillo, deve cambiare registro per trovare una maggioranza in un Paese profondamente diviso, che ha perso la bussola”.
Tanto che dopo il terzo giorno di consultazioni chiarisce: “Se uno facesse la somma di tutte le esigenze impellenti, ricaverebbe che serve un governo dei miracoli. Miracoli non se ne fanno ma uscire si può”.
Bersani potrebbe indicare un’altra figura, ma la vera partita è il Colle
Tuttavia da giorni il sentiero su cui sta camminando Bersani sta diventando sempre più stretto. Il segretario del Pd ha chiesto la convocazione d’urgenza della direzione del partito per avere il via libera definitivo sulla linea da tenere, ma le possibilità si stanno riducendo nonostante l’ottimismo del leader del centrosinistra. L’ipotesi che sembra prendere sempre più corpo è quella che lo stesso Bersani, mercoledì quando tornerà al Quirinale al termine delle consultazioni, indichi un’altra figura che possa essere nominata da Napolitano e che potrebbe avere maggiori possibilità. “Noi – dice Matteo Orfini – continuiamo a proporre un governo di cambiamento sugli otto punti proposti da Bersani”. E a chi gli chiedeva cosa accadrebbe in caso il tentativo del segretario fallisse Orfini ha replicato: “La palla va al Capo dello Stato” ma “non penso sia possibile un governo che metta insieme noi e il Pdl”. Dunque “se fallisce Bersani si avvicinano le elezioni”.
Risulta anche più chiaro che aumentano le quotazioni di uno stallo fino all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Serve, insomma, una pistola alla tempia (la minaccia di uno scioglimento delle Camere, arma che Napolitano, come si sa, non possiede) che potrebbe “convincere” in particolare i parlamentari di Scelta Civica e forse anche pezzi di altri partiti, che si sentirebbero a rischio se si dovesse andare a elezioni anticipate. E soprattutto per questo – il fatto che il pallino sia in mano al prossimo inquilino del Quirinale – che Berlusconi ha fissato bene la sua linea Maginot: sul nome del presidente della Repubblica non tratta. Per Anna Finocchiaro un’eventuale alleanza tra Pd e Pdl per il governo “avrebbe un difetto serio di affidabilità”. La senatrice del Pd ricorda che il sostegno del Pdl al governo Monti è venuto meno e per quanto riguarda le riforme, sui due disegni di legge presentati il Pdl ‘ha fatto saltare il tavolo”. “Questi – dice Finocchiaro – sono fatti che testimoniano la difficoltà di poter contare per un governo di cambiamento su un’alleanza del Pdl, per un difetto serio di affidabilità”. Per quanto riguarda i rimedi contro la crisi, Finocchiaro sottolinea che le ricette del Pdl sono “diverse dalle nostre”.
I sindacati: “Governo a ogni costo”
E le richieste d’aiuto vengono da tutte le parti sociali che chiedono la formazione di un governo “a ogni costo”. Togliere l’Imu sulla prima casa fino a mille euro, taglio dei costi della politica, un governo a tutti i costi. Questo chiedono Cgil, Cisl e Uil a Bersani. Le prossime scadenze estive tra Tares, Imu e aumento Iva, ha detto Susanna Camusso, sono “una miccia che va disinnescata”. La situazione è “drammatica”, ha aggiunto Luigi Angeletti. “Le affermazioni del presidente incaricato – spiega il segretario della Uil – ci hanno confortato, condividendo la necessità di dare questi segnali in modo radicale”.
“Siamo contrarissimi – afferma Raffaele Bonanni – a che si torni a votare. L’Italia rischia di finire come Weimar per i gravi pregiudizi alla stabilità democratici. Si estenderebbe il populismo che porta solo atteggiamenti autoritari. Per questo bisogna fare un governo, farlo a tutti costi. Non capiamo le differenziazioni a non volersi alleare. La situazione è drammatica e la politica è l’arte dell’accordo. E’ quello che fa una classe politica avveduta”.
“Chiediamo un governo forte, non di minoranza, che metta in campo azioni per il lavoro – aggiunge il segretario dell’Ugl, Giovanni Centrella – Abbiamo problemi reali e urgenti da risolvere come gli esodati, modificare le riforme Fornero sul lavoro e sulla previdenza, rendere meno stringente il Patto di Stabilità per consentire a Comuni e Regioni di prendere delle decisioni”.
Le imprese: “Siamo al collasso, serve un governo urgente”
Stessa linea quella tracciata dal presidente di turno di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli dopo essere uscito dalle consultazioni con Bersani: “L’assoluta necessità e urgenza di dare subito un governo al Paese, richiesto dalla drammatica situazione economica che il Paese sta attraversando e dalle imprese che sono al collasso”. Sul versante economico ha insistito sulla necessità di ridurre la pressione fiscale, oggi ormai a “livelli insostenibili per famiglie, lavoratori e imprese”.
“Il governo si impegni – ha detto -sul versante istituzionale a ridurre i costi della politica e a fare la legge elettorale; sul versante economico a ridurre la pressione fiscale che oggi ha raggiunto livelli insostenibili per le famiglie, i lavoratori e le imprese, incompatibile con il rilancio della crescita e dello sviluppo”. Sangalli ha tra l’altro ribadito la richiesta di evitare l’aumento dell’Iva previsto dal prossimo luglio e insistito sulla necessità di “riaprire il credito alle imprese. Oggi la stretta è altissima. Bisogna ridare liquidità e per questo pagare immediatamente i debiti della Pubblica Amministrazione. Bisogna semplificare il sistema fiscale e burocratico barocco e rendere più flessibile l’entrata nel mercato del lavoro”. Queste, ha concluso, le “priorità” per le imprese.
Gli ambientalisti: “Serve un cambio di passo radicale”
Bersani ha ascoltato anche una delegazione di associazioni ambientaliste che chiedono “un cambio di passo radicale”. Sono sette in tutto le organizzazioni che hanno partecipato alla riunione (Wwf, Legambiente, Greenpeace, Touring club italiano, Fai, Cai e Federazione Pro natura) e tutte concordano nell’evidenziare la necessità di politiche a difesa della natura e del paesaggio nonché di maggiori risorse. Tra le priorità, sempre secondo le associazioni, anche quella di misure a favore della difesa della legalità, a partire dalla lotta all’abusivismo.
Don Ciotti (Libera): “Sono già ministro… della Chiesa”
“Sono già ministro… della Chiesa”. Così don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha scherzato con i giornalisti dopo l’incontro con Bersani, sgomberando il campo dalle voci che lo davano come possibile ministro di un governo “dream team” capitanato dal leader Pd. “E’ da 42 anni che sono ministro della Chiesa, poi faccio altro e volentieri collaboro a percorsi comuni nella lotta alle mafie e lo faccio con Libera”, ha spiegato don Ciotti. Il sacerdote ha affermato di aver chiesto al presidente del consiglio preincaricato “l’equiparazione delle vittime di mafia a quelle del terrorismo”.