Molti paperoni avrebbero escogitato diversivi per portare fuori dall'isola il denaro nei giorni più concitati della trattativa con la troika. Con prelievi da filiali estere, acquisti di farmaci o combustibile per aviogetti
Nelle stesse ore in cui molti risparmiatori ciprioti hanno dovuto subìre lunghe code presso gli sportelli automatici per ottenere solo un paio di centinaia di euro, i ricchi che hanno avuto accesso alle banche con una serie di artifici hanno invece trasferito molti soldi lontano dall’isola.
Il giorno dopo la mannaia europea sulle banche cipriote è il momento delle analisi, ma anche degli approfondimenti. Come gli eventuali movimenti di denaro avvenuti in uscita dall’isola da chi, forse, si sospetta abbia avuto sentore della crisi cipriota e avvertisse nell’aria il pericolo di continuare a tenere nelle banche isolane i propri depositi. E’ così che alcuni ‘paperoni’ avrebbero escogitato un diversivo per evitare che i propri denari fossero intaccati dalle decisioni europee. Come? Prelievi da filiali estere, fondi di trasferimenti per “assistenza umanitaria”, acquisto di farmaci o combustibile per aviogetti: questi, secondo la Reuters, alcuni dei trucchi utilizzati dai clienti delle due banche di Cipro (la Laikì Bank e la Bank of Cyprus, il cui presidente Andreas Artemis si è dimesso oggi in disaccordo con i piani di ricapitalizzazione) per trasferire i fondi durante i lunghi negoziati con la troika, quando qualcuno giurava che gli emissari di Bce, Ue e Fmi premessero per un prelievo forzoso del 60% per i conti superiori ai 100mila euro.
Sul caso si registra oggi una lettera inviata dalla Commissione Europea al Governatore della Banca centrale di Cipro, Panicos Demetriades, per accertare l’elenco di chi fino al 15 marzo ha movimentato ingenti capitali lontano dall’isola. Quantificandoli e confrontandoli con i numeri registrati ieri. La pubblicazione dell’elenco è comunque soggetta al Governatore anche se quest’ultimo ha l’obbligo di inviarlo alla Camera qualora gli fosse richiesto con un atto ufficiale del Parlamento di Nicosia.
Qualche commentatore cipriota oggi però si avventura in quella che dovrebbe essere un’utile cartina di tornasole per comprendere qualcosa in più della mossa europea, mettendo nel mirino la Laikì Bank e la Bank of Cyprus, andando a scavare sui rapporti fra l’istituzione finanziaria declassata a “bad bank” e la politica. Si scopre infatti che nonostante numeri preoccupanti già un anno fa, come dimostrano i colloqui avviati nel 2012 tra l’allora presidente della repubblica Dimitris Christiofias e gli emissari del triumvirato, nessuno abbia provveduto a snellire gli stipendi di manager e banchieri.
Si pensi ad Andreas Eliades manager della Banca di Cipro, con reddito annuo di 890mila euro o a Timmy Vouloutas con 586mila, passando per l’attuale ministro delle Finanze di Cipro, Michalis Sarris, già presidente della Banca Popolare di Cipro, che ha ottenuto una liquidazione da 2 milioni poco prima di occupare il delicato dicastero delle finanze un mese fa. Lo stesso suo predecessore, Vassos Siarlis, sollecitato più volte lo scorso anno quando ad Atene andavano in scena le drammatiche trattative con la troika, si asteneva dal dare una risposta chiara alla specifica domanda di liquidità disponibile nelle banche dell’isola. Rifugiandosi solo nel prestito russo da 2,5 miliardi di euro.
Già nel 2001 il giornalista Charis Botsaris aveva scritto di alcune irregolarità del sistema bancario a Cipro, con numeri anomali e meccanismi non sufficientemente adeguati. Ma oggi il paradosso del sistema bancario, azzoppato dalla decisione storica dell’Eurogruppo di toccare con mano i depositi lì presenti, sta tutto nel dubbio che alcune persone abbiano giocato in proprio, consapevoli che il sistema prima o poi sarebbe franato. Un’altra analogia con il caso greco, ovvero di una minuscola realtà in termini di pil che produce una straordinaria deflagrazione di natura continentale. Indifferenza o calcolo speculativo?
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