Disarmiamoci e non partite più. La parabola già cadente del ministro degli Esteri a responsabilità limitata Giulio Terzi di Sant’Agata si schianta tra la difesa dell’incolumità – fisica e giuridica – di due servitori dello Stato e dell’orgoglio patrio. Prendendo le difese tardive e “facili” (secondo il collega della Difesa, ammiraglio prestato al governo tecnico Di Paola) dei fucilieri che non dovevano essere rispediti in India, Terzi rivela l’incapacità sua e dell’intero esecutivo Monti, e compreso il Quirinale, di mantenere una traiettoria retta, e credibile, di fronte a una vicenda che da relativamente semplice e superabile è divenuto un pasticcio ad alto costo, politico, di immagine e di riuscita.
Sempre più impantanato in una crisi globale del paese, con un governo a scadenza, una crisi a oltranza, e una diplomazia spompata che non garantisce una buona difesa dei diritti dei suoi concittadini all’estero: per questo i militari sono sempre più arrabbiati con i politici intimoriti di rimaner indifesi nell’esercizio delle loro missioni all’estero.
Due marò restano in India in attesa di giudizio, un ministro si è sfilato – impallinato dall’incertezza delle mosse del governo – un primo ministro tecnico rivela ancora una volta l’inconsistenza nella quale sta scivolando lui e il paese.