"L'appoggio del ministro della Salute italiano a un trattamento controverso indigna gli scienziati del Paese", recita il titolo del focus firmato da Alison Abbott sulla rivista scientifica. Il ministero replica: "Nessun riconoscimento ufficiale è mai stato conferito al cosiddetto Metodo Stamina"
Il caso Stamina approda su ‘Nature‘, bibbia della comunità scientifica internazionale. Due giorni prima rispetto all’uscita dell’edizione cartacea, la rivista anticipa online un articolo che ripercorre la vicenda puntando i riflettori sullo sdegno dei ricercatori contro il decreto Balduzzi, che autorizza la prosecuzione delle cure in 32 pazienti. “L’appoggio del ministro della Salute italiano a un trattamento controverso indigna gli scienziati del Paese”, recita il titolo del focus firmato da Alison Abbott. Foto a corredo: l’attivista nuda scesa in piazza sabato 23 marzo a Roma, tra i manifestanti del Pdl, con sopra il seno la scritta “Sì vita, Sì Stamina”. “L’inattesa decisione del 21 marzo – si legge – ha inorridito gli scienziati, che considerano il trattamento pericoloso perché mai rigorosamente testato”.
L’autrice dell’articolo riassume le tappe del caso, sottolineando come la decisione del ministro Renato Balduzzi sia arrivata dopo “settimane di pressione dei media perché fosse autorizzato l’uso compassionevole della terapia sviluppata da Stamina Foundation” e “ripetutamente vietata negli ultimi 6 anni”. La giornalista raccoglie le voci di molte personalità note, tra quelle che in questi mesi sono intervenute sulla vicenda. La prima testimonianza è di Elena Cattaneo, direttore del Centro ricerca staminali dell’università degli Studi di Milano: “Questa è alchimia”, dice, non medicina. “Andando contro le sue stesse agenzie regolatorie – continua la Abbott – Balduzzi ha prima fatto infuriare gli scienziati quando, il 7 marzo, ha autorizzato la prosecuzione delle cure” per la piccola Sofia, la bimba fiorentina di 3 anni e mezzo malata di leucodistrofia metacromatica, “disponendo che le staminali venissero prodotte in una struttura che seguisse gli standard Gmp (Good manifacturing practice, ndr)” internazionalmente riconosciuti. Ma poi, nonostante la lettera aperta dei 13 accademici che hanno scritto al ministro per metterlo in guardia sui rischi di questa scelta, è successo dell’altro: “Quella autorizzazione non era abbastanza infelice – spiega nell’articolo Paolo Bianco, esperto di staminali dell’università Sapienza di Roma, tra i firmatari della missiva – Adesso il ministro sta consentendo la versione ‘non-Gmp’ e definisce come ‘trattamento’ una pratica non autorizzata, non pubblicata, non conosciuta”.
L’autrice ricorda come “il presidente di Stamina Foundation Davide Vannoni, uno psicologo dell’università di Udine – si legge nell’articolo – spiega che la pubblicità sul trattamento gli ha portato 9 mila nuovi pazienti”, e ora “spera che ulteriori modificazioni alla legge gli permetteranno di estendere la terapia”. La giornalista cita la trasmissione con cui ‘Le Iene’ un mese fa, hanno portato all’attenzione del pubblico la storia di Sofia e fa riferimento agli appelli giunti da “personalità dello show-business per ammorbidire le regole” sulle cure a base di staminali. In riferimento all’attuale normativa nazionale sulle cure compassionevoli, la Abbott spiega come “la legge richiede che le autorità sanitarie approvino la qualità delle terapie, ma alcuni dei termini usati sono ambigui secondo il magistrato milanese Amedeo Santosuosso”. Ed “è stato proprio questo il problema di base nel ‘pasticcio’ Stamina – afferma nell’articolo il giurista dell’università di Pavia – Nel caso della terapia di Stamina Foundation non c’è indicazione di efficacia, quindi a mio parere l’uso compassionevole non è legittimato“. La giornalista continua con un ‘flashback’ sulle origini del metodo Vannoni. “Vannoni – scrive – dice di avere sviluppato la terapia dopo aver ricevuto, in Russia nel 2004, un trattamento a base di staminali per una paralisi facciale di origine virale. Ha quindi invitato a Torino uno scienziato russo e uno ucraino per sviluppare il metodo, e afferma che da allora Stamina ha trattato circa 80 pazienti incluse persone con Parkinson, Alzheimer e disordini muscolari”. Vannoni “non ha pubblicato i risultati o precisi dettagli della sua terapia” e “lo ammette, ma assicura che il metodo è ben lontano dall’alchimia”.
Ogni trattamento, a base di staminali mesenchimali, “usa 5 tipi di cellule”, prosegue l’articolo entrando nel merito del metodo Stamina. “Qualunque sia la malattia – sostiene Vannoni nel focus su Nature – uno di questi tipi di cellule produrranno l’effetto giusto”. “Quando, nel 2007, l’Unione europea ha stabilito che le terapie a base di staminali rispettassero le stesse regole previste per i farmaci, in materia di sicurezza ed efficacia – continua la Abbott – Vannoni trasferì il suo laboratorio nella Repubblica di San Marino”, dove, spiega lo stesso Vannoni, “le regole non sono così stringenti”. E’ qui che si inserisce l’inchiesta del pm di Torino Raffaele Guariniello, le cui indagini hanno indicato che le attività di Vannoni potrebbero essere “pericolose per la salute pubblica”. Ma lo psicologo “replica che Guariniello ha attivato pressioni internazionali per farlo smettere di lavorare a San Marino”, portandolo a traslocare a Trieste “dove, dice, il pm ha nuovamente bloccato le sue attività”. Da qui l’approdo finale agli Spedali Civili di Brescia, “struttura pubblica”, si precisa nell’articolo. Il resto è storia, con le ispezioni di Aifa e Iss che, un anno fa, hanno portato alla chiusura del laboratorio bresciano, ritenuto inadeguato alla produzione sicura di staminali. E dopo che le famiglie si sono affidate ai tribunali per ottenere il permesso a proseguire le cure, molti giudici hanno stabilito che avevano diritto a ricevere il trattamento, in alcuni casi con cellule preparate ancora nel centro di Brescia. La giornalista ricorda “un’unica pubblicazione, datata, di risultati clinici” sul metodo Stamina. “Medici dell’ospedale pediatrico Burlo Garofolo di Trieste hanno trattato cinque bambini con atrofia muscolare spinale di tipo 1 e hanno pubblicato i risultati lo scorso ottobre” su ‘Neuromuscular Disorders’. La conclusione è stata che “il trattamento non cambia il decorso della malattia, come spiega Marco Carrozzi”, autore del lavoro. Ma “Vannoni sostiene che la terapia è fallita perché i clinici non hanno utilizzato il cocktail esatto di cellule”.
Il decreto Balduzzi che ha innescato la ‘rivolta’ degli scienziati, conclude l’articolo su Nature, “è probabilmente l’ultimo atto legislativo del ministro in un governo uscente, e gli scienziati sperano che il suo successore rispetterà il ruolo dell’Aifa e delle altre agenzie ‘science-based’”. A chiudere il dettagliato focus è la posizione di Luca Pani, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco. “Pani non ha voluto commentare la decisione politica – scrive la giornalista – ma afferma che la sua agenzia resta ferma sullo statement ufficiale sulla sicurezza e l’efficacia delle preparazioni di cellule staminali a Brescia”. Per Pani, “il nostro divieto resta”.
Dal ministro arriva una replica secca: “Nessun riconoscimento ufficiale è mai stato conferito al cosiddetto Metodo Stamina”. Il decreto legge della scorsa settimana “conferma e rafforza il quadro delle norme esistenti in materia di terapie cellulari con preparazione su base non ripetitiva e prevede che venga emanato un regolamento per l’uso di esse su singoli pazienti, naturalmente su richiesta di un singolo medico, dopo autorizzazione del comitato etico, nel rispetto della qualità farmaceutica. Nello stesso provvedimento in corso di pubblicazione sono previste particolari disposizioni per le malattie rare ed il monitoraggio degli effetti della terapia cellulare. La decisione del Governo di autorizzare la prosecuzione e il completamento delle terapie ‘ordinate’ dai magistrati – si legge in una nota del ministero – si è resa necessaria solo per ovviare ad una discriminazione, frutto di autonomi pronunciamenti dei giudici, tra i pazienti che avevano già iniziato il trattamento con metodo Stamina. Il decreto prevede il monitoraggio dell’efficacia da parte dell’Istituto superiore di sanità, del Centro nazionale trapianti e dell’Aifa attraverso l’acquisizione di tutti i dati clinici dei pazienti”.