L'ennesima modifica dei termini del prelievo dai depositi di Nicosia solleva nuovi dubbi sull'effettiva consistenza del buco e dei capitali. E intanto si posizionano le truppe per la guerra delle risorse
Se tre indizi fanno una prova, sul caso Cipro il resto d’Europa e dei Paesi Piigs devono preoccuparsi eccome. Non solo la crisi di Nicosia, ma anche una valutazione su più ampia scala internazionale, ha acceso le intenzioni dei membri “di serie A” dell’Eurozona di rivedere radicalmente il modello di salvataggio delle banche in difficoltà. E mettere in gioco anche i depositanti oltre i 100.000 euro.
Nelle ore immediatamente successive al salvataggio cipriota molte sono state le dichiarazioni contrastanti (ufficiali e non) di alti funzionari europei che, di fatto, hanno solo aggravato la confusione. Se le parole del presidente dell’Eurogruppo sono state seguite da una smentita (perché sono deflagrate sui mercati aperti), resta come un macigno invece la considerazione che oggi fa Bloomberg sul programma di Cipro che “non è standard, ma che potrebbe essere adattato ad altre situazioni estremamente eccezionali come Cipro”.
Aggiungendo particolari interessanti nell’articolo intitolato “Cipro, la terra dei prodotti strutturati”, firmato dall’analista economico Nick Dunbar. Che fu in prima persona avvicinato nel 2007 da una banca francese con la proposta di fare il relatore a una conferenza organizzata dalla Banca di Cipro per i fondi pensione.”Structured Solutions” è una parola in codice utilizzata per la vendita di derivati, cosa che fece con grande successo la banca francese che avrebbe anche partecipato alla conferenza.
Dunbar, scrive, si rese conto che i ciprioti vedevano i loro “cugini” della Grecia come quegli abitanti dei villaggi che hanno preferito un asino a una Mercedes. In particolare i ciprioti non erano interessati ad acquistare i propri prodotti strutturati, ma guadagnare commissioni vendendoli ai ricchi pensionati greci, russi, inglesi e tedeschi. Una panoramica utile per comprendere i contorni del sistema finanziario in voga sull’isola.
PRELIEVO FORZOSO. E’di oggi l’annuncio del ministro delle Finanze Sarrys sulla percentuale di prelievo da applicare ai depositi sopra i 100mila euro: potrebbero essere, ha ammesso in un’intervista questa mattina al canale CBC, dell’80% per la Laikì Bank e del 50% per la Bank of Cyprus. Sconvolgendo analisti e correntisti, in quanto instilla il dubbio che le voci di alcuni capitali russi già fuggiti, siano veritiere. Come dire che la Troika troverebbe il forziere del “tesoro” cipriota vuoto, ovvero meno conti del previsto.
Inoltre si sta facendo sempre più insistente la vulgata secondo cui il ministro tedesco Schaeuble avrebbe deciso di non rischiare più in questa partita, né un solo euro, né un solo voto in vista delle elezioni teutoniche di settembre. E nonostante in Grecia la Germania non perda nulla, anzi, con gli interessi maturati (e che matureranno) la Deutsche Bank sta incassando molto, oltre agli appalti che il premier greco Samaras ha gentilmente offerto loro. Per cui il suo principale consulente, Clemens, oggi dice che in pratica i grandi investitori devono caricarsi il fardello.
A chi si riferiva l’economista tedesco? Ma naturalmente ai russi, perché di fatto i patrimoni più consistenti sono di russi, inglesi, ciprioti e greci (nell’ordine). E qui entra in gioco il nodo che si sta sempre più intrecciando con la Turchia e, a margine, con il South Stream: perché i russi si sarebbero anche detti disponibili a rivedere il primo prestito elargito a Cipro da 2,5 miliardi ma patto di mettere le mani sui giacimenti sottomarini dell’isola, su cui Nicosia aveva già un preaccordo con Tel Aviv, dove il presidente della Repubblica Nikos Anastasiadis si sta affrettando a volare in visita. Ufficialmente per un incontro programmato da tempo, ma di fatto per l’emergenza dei rapporti sempre più tesi con la minacciosa Ankara, il cui ministro degli esteri “consiglia” a Cipro di adottare la liretta turca e di uscire dalle grinfie dell’euro.
RISVOLTI ITALIANI. Che il gas non fosse una cornice secondaria in questa partita lo si era intuito sin dall’inizio, ma oggi arriva una nota ufficiale del governo turco. Che ha deciso di sospendere i progetti avviati con l’Eni a causa della partecipazione del gruppo petrolifero italiano al programma di esplorazione dei giacimenti di gas al largo delle coste di Cipro, che Ankara contesta in una disputa sulle acque territoriali. Il ministro dell’Energia Taner Yildiz contesta al governo di Nicosia il diritto di gestire autonomamente le risorse energetiche al largo dell’isola.
Dallo sorso ottobre Ankara ha minacciato più volte di sospendere ogni collaborazione con i gruppi petroliferi internazionali che concludano accordi con il governo cipriota. Anche se, in virtù del diritto internazionale e del fatto che la fantomatica Repubblica turcocipriota del nord non sia riconosciuta dall’Onu, non avrebbe di cosa pretendere da quello spazio marino, in quanto lo ha occupato abusivamente dal luglio del 1974, con ancora oggi 50mila militari turchi in loco e un filo spinato che divide l’isola da ovest a est.
Secondo la società americana Noble Energy, che sovrintende all’esplorazione di una delle zone del giacimento cipriota, le riserve presenti ammonterebbero a circa 230 miliardi di metri cubi, per un valore di 100 miliardi di euro. La replica dell’Eni arriva a stretto giro: “Non abbiamo alcuna intenzione di fare uno stop a Cipro”, ha detto l’ad Paolo Scaroni, dicendosi comunque “dispiaciuto” per le dichiarazioni del ministro dell’Energia turco. Si è comunque detto “fiducioso in un punto d’accordo e di intesa nell’interesse di entrambi”. E ha ricordato che il progetto che l’Eni ha in piedi con la Turchia è sostanzialmente “dormiente”. Prende il nome di oleodotto Samsung Ceyhan, destinato a portare il petrolio dal Mar Nero e dal Mar Caspio, che però è al momento congelato. “Il progetto – ha infatti spiegato Scaroni – decollerà soltanto se si renderanno più costosi e contingentati gli attraversamenti del Bosforo”.
Si aggiunga infine che secondo un rapporto di Standard & Poor’s il salvataggio di Cipro, col prelievo forzoso sui depositi, sta avendo per il momento “un impatto minimo” sulle banche russe presenti sull’Isola. Secondo l’agenzia di rating, la banca russa più esposta sul mercato cipriota è la Vtb Bank. Cioè la stessa legata a doppio filo con le Assicurazioni Generali.
Nel frattempo sull’isola i negozi restano chiusi, i sindacati sventolano una lettera in cui le aziende avvertono che sono a rischio i salari di marzo, manifestanti ancora in piazza per protestare contro lo “scippo europeo” (copyright Medvedev), in attesa che giovedì riaprano le banche. Gettando altra benzina sul fuoco europeo specialmente nei paesi più a rischio, dove non è ancor escluso che accada ciò che è accaduto in Grecia nei giorni drammatici delle trattative ad oltranza tra governo e Troika: con lunghe code di correntisti che in pochi giorni ritirarono cento milioni di euro.
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