No, ci sono cose che non si possono fare, per ragione alcuna. Tra queste rientra la decisione di alcuni poliziotti di andare a protestare sotto il comune di Ferrara in segno di solidarietà con i loro colleghi condannati per la morte di Federico Aldrovandi.

Lo hanno fatto, “a loro insaputa” hanno detto, sotto le finestre dove, da anni, lavora proprio Patrizia Moretti Aldrovandi, la madre di Federico, rea di aver sempre reclamato verità e giustizia per il figlio morto in seguito “ad un uso eccessivo della violenza”, come peraltro ha accertato in via definitiva la sentenza di un tribunale.

Non contestiamo il diritto di nessuno a difendere se stessi, a reclamare persino una revisione del giudizio, a ribellarsi a quelle che hanno ritenuto e ritengono affermazioni calunniose, ma a nessuno, proprio a nessuno, e tanto meno a chi indossa una divisa, può essere consentita, a loro insaputa o meno, una manifestazione sotto le finestre della mamma di un figlio morto per le percosse subite e dopo una sentenza limpida e circostanziata.

Il ministro degli Interni e l’uditore hanno ora il dovere di chiedere scusa alla famiglia Aldrovandi e al sindaco della città contestato per aver assunto le difese di Patrizia che, giustamente indignata, era scesa in strada impugnando la foto di Federico.

Non vorremmo che, dopo le marce sui tribunali, iniziasse ora la serie delle marce contro i familiari delle vittime e contro chi ha avuto il torto di denunciare e di vedere riconosciute le proprie ragioni anche dai tribunali della Repubblica. Ci sono cose che non si possono fare, per nessuna ragione. Forse sarà il caso di andare tutte e tutti a Ferrara a stringere la mano alla signora Patrizia e di farlo prima che il virus delle marce produca nuovi contagi.

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