Pier Luigi Bersani incassa dal Movimento Cinque Stelle un altro no, oltre all’ennesima dose di attacchi senza rete di Beppe Grillo. Il capo della coalizione di centrosinistra aspetterà le risposte definitive dopo i due giorni di consultazioni con i partiti presenti in Parlamento. Poi salirà al Quirinale a comunicarne l’esito al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il percorso “stretto” pare ormai diventato quasi sbarrato, stando alle dichiarazioni ufficiali. “In assoluta trasparenza – spiega il segretario del Pd – ho cercato di mettere insieme le forze politiche di fronte ad un’occasione vera di cambiamento, un’occasione precisata e strutturata che riguarda da un lato un governo che risponda immediatamente ad esigenze impellenti e dall’altro le riforme strutturali da cui parliamo da tempo”

Napolitano vuole dare un incarico il prima possibile
Da una parte il leader democratico chiarisce che “non ha diktat da fare: devo portare una valutazione conclusiva fatta di numeri e anche di valutazioni politiche e con il Capo dello Stato il dialogo è sempre bello, corretto e produttivo”. Ma non solo. Sarebbe lo stesso Napolitano a non avere alcuna intenzione di non dare un incarico. Insomma, a prescindere dalla sua rassicurazione sul fatto che non ci sia fretta per formare un governo, il capo dello Stato vorrebbe risolvere la questione in prima persona, senza lasciare l’incombenza al suo successore. Vuole dare un incarico il prima possibile.

Bersani: “Non si tratta sul successore di Napolitano”
Sul nome del prossimo capo dello Stato tuttavia Bersani non scende a patti. Le vicende di esecutivo e Colle non sono la piattaforma di uno scambio. “Io – ha aggiunto – posso dire che fino a prova contraria parto dalla Costituzione che dice che le prime votazioni sono con i due terzi. Sono per partire dal dettato costituzionale quindi parto da un presupposto di comune garanzia su figure che abbiano questi caratteri non da esigenze di parte o faziose”. E’ difficile che si arrivi a votare davvero una personalità di centrodestra come vorrebbe il Pdl. Ma si potrebbe arrivare a qualcuno di “votabile”, come Giuliano Amato, di area di centrosinistra ma già a capo di governi tecnici o di transizione. 

Alfano: “La vicenda è chiusa e l’ha chiusa Bersani”
Bersani per intanto scandisce una volta di più che non è il momento di larghe intese o governissimiAngelino Alfano usa parole nette e fa la voce grossa: “La vicenda è chiusa e l’ha chiusa Bersani – dichiara – che ora si trova nel vicolo cieco in cui si è infilato. Sta a lui, ora, rovesciare la situazione, se vuole e se può, nell’interesse del Paese. Dal giorno successivo al voto fino a oggi il Pd non ha mai realmente corrisposto al nostro comportamento responsabile e di buon senso e non ha mai formulato alcuna seria apertura: non ha affrontato i temi economici che davvero importano al Paese; ha occupato tutte le cariche istituzionali; ha preteso di inseguire ogni estremismo e giustizialismo”. Silvio Berlusconi in realtà preferirebbe un governo Bersani che un esecutivo di tecnici che magari si mette a fare riforme istituzionali inserendo nel pacchetto anche una legge sul conflitto d’interessi.

Crimi: “Se fallisce a noi l’incarico”
Il riferimento è  al tentativo portato fino in fondo da Bersani per convincere i Cinque Stelle ai cui capigruppo ha chiesto di far partire l’attività del governo per poter votare i provvedimenti su cui i parlamentari del Movimento si trovano d’accordo (come Vito Crimi ha confermato durante la consultazione in diretta streaming). In realtà sulla fiducia Crimi e Roberta Lombardi hanno confermato la linea tenuta da giorni: “Nessuna fiducia e nessuna uscita dall’Aula al momento del voto”. 

C’è un’ipotesi B se Bersani fallisse? Difficile da dire. Crimi, a un certo punto, spiega: “Se Napolitano fa un altro nome è tutta un’altra storia”. Un nome estraneo ai partiti “è bene che il Pd non lo faccia, altrimenti lo brucia. Non voteremo mai – dice – un governo targato Pd anche se guidato da una persona terza”. In realtà poi Crimi precisa le sue dichiarazioni: “L’affermazione ‘Se Napolitano fa un altro nome è tutta un’altra storia’ si deve intendere nel senso di ‘tutto un altro percorso istituzionale'”. Ma tempo qualche minuto e su Facebook il capogruppo di Palazzo Madama precisa: “Il percorso delle consultazioni riprenderebbe il suo iter, nel quale, come già puntualizzato, il M5S si assumerà la sua responsabilità politica, proponendosi direttamente per l’incarico di formare una squadra di nominativi nuovi”. Insomma: se “Napolitano non dovesse assegnare a Bersani l’incarico di formare un nuovo Governo, il percorso delle consultazioni riprenderebbe il suo iter, nel quale, come già puntualizzato, il M5S si assumerà la sua responsabilità politica, proponendosi direttamente per l’incarico di formare una squadra composta da nominativi nuovi”. 

Maroni: “A certe condizioni appoggio possibile”
Difficile prevedere l’esito del colloquio tra Bersani e Napolitano. Lo spazio stretto è diventato ormai un pertugio. Si rimane appesi, per esempio, alle parole del segretario della Lega Nord Roberto Maroni. “La decisione è: è verosimile che Pdl e Lega non si oppongano alla nascita del governo? – dichiara – Non so quanto probabile, ma è possibile a certe condizioni e ieri l’abbiamo detto a Bersani. Se lui decide di accettare le nostre condizioni, noi faremo la nostra parte, altrimenti andrà al Quirinale a dire che non ha la maggioranza”. “A Bersani ho ribadito il mio interesse come presidente di Regione che ci sia un governo a Roma – prosegue il presidente della Lombardia – perché ho bisogno di un interlocutore che preferisco politico”. Ci sono però delle condizioni: un programma condivisibile e una rappresentanza nelle istituzioni che non sia monocolore”. 

L’incontro tra Bersani e Cinque Stelle
“Vi chiedo non di votare la fiducia, ma di non impedire la partenza dell’esecutivo” ha chiesto Bersani ai gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle. In diretta streaming il presidente incaricato da Napolitano offre l’ultima carta per una “corresponsabilità”. Condizioni difficili, ma senza cambiamento non si va avanti – spiega – E voi, anche se non esclusivi, siete grandi portatori di questo tema. Io non farò un governo senza portare avanti questo cambiamento”.

Il premier incaricato ripete il concetto due volte. “Io – continua – governissimi non ne farò. Metteremmo un coperchio su una pentola a pressione che chiede cambiamento. Siamo troppo distanti e finiremmo per ostacolarci a vicenda. Questa cosa non si farà”. Il governo cui pensa Bersani, invece, è un “governo che parta su essenziali punti di cambiamento”. “Sull’acuto disagio sociale” e sulla “moralizzazione della vita politica”.

“No”, rimarca Bersani a un referendum sull’Euro, ma “una rivalutazione di questa Europa, sì”. E poi piccola impresa, green economy, norme sul lavoro che aggiustino altre norme che – “abbiamo visto” – non vanno bene. E poi un pacchetto sulla “riforma della politica”. Una “legge sui partiti che riveda il finanziamento pubblico, ma non solo quello”. Bersani cita la Costituzione nel silenzio dei suoi interlocutori. Anche quando parla di “terapia d’urto contro la corruzione e il conflitto di interessi”. E poi i diritti civili: il premier incaricato enumera il suo “pacchetto di governo”, “rivolto a tutti ma non votabile da tutti“.

Poi Bersani passa al “secondo registro”. “Ne parliamo da 20 anni”, dice, è ora “di andare a toccare davvero la seconda parte della Costituzione”. Su questo secondo tema, dice il segretario, il dialogo è aperto “anche alle forze di una eventuale opposizione”. Ma senza “il primo registro, il governo, il secondo non può partire”. E qui Bersani gioca la frase più importante, sempre nel silenzio, rispettosamente istituzionale, dei Cinque Stelle: “Io non vi chiedo di votare il governo, ma di non impedirci di partire. Solo un insano di mente avrebbe oggi la fregola di voler governare. Io mi sto prendendo una grande responsabilità”.

Lombardi: “Noi vogliamo governare”. Crimi: “Disponibili a votare le proposte condivise”
La prima risposta di Roberta Lombardi è una doccia gelata, sia pur non imprevedibile: “Noi siamo quegli insani di mente, noi abbiamo un progetto politico a 30 anni”. Di diverso tenore, decisamente, l’intervento di Vito Crimi. Che di fatto ribadisce il no a una “fiducia in bianco” ma con un atteggiamento almeno verbalmente morbido conferma la “disponibilità a votare le proposte condivise”. “Non ce la sentiamo di fidarci”, dice però Crimi: “Con tutta la bontà del suo impegno, noi siamo la generazione che ha visto programmi elettorali mai realizzati. Non abbiamo visto la legge sul conflitto di interessi, non abbiamo visto un elenco infinito di richieste che avremmo voluto”. Per questo, dice, “ci sentiamo di dover respingere questa assunzione di responsabilità che ci chiede. Siamo gli ultimi a potersi sentire responsabili. Siamo il risultato e non la causa di questa politica, anche per effetto di questa legge elettorale”.

Bersani lo ribadisce in maniera ancora più chiara e parla direttamente di “appoggio esterno” al governo. Crimi replica a tono, parlando di meccanismi parlamentari che rallentano l’attività del parlamento, cita la formazione delle commissioni, “le scadenze disattese” sulla loro nascita, ostacolata, sembra voler dire, dalla vecchia politica parlamentare. Bersani ribatte: “Entro 48 ore si decide, non starò qua dei mesi a perdere tempo”. Avverte “che con tutti i giri che ho fatto, ritengo questa cosa la più realistica”. Tutto il resto, aggiunge, “cambia il faremo in avremmo potuto fare. Voi siete un movimento, vi rispetto per le posizioni che prendete. Apprezzo e non mi scandalizzo di una discussione interna. Capisco anche i problemi di approccio. Non ho né animosità né altro. Adesso siete una grande forza…”.

La prima prova di democrazia in diretta streaming si conclude in mezz’ora. Poi in conferenza stampa, Crimi e Lombardi ribadiranno i concetti: no alla fiducia, no all’appoggio esterno, no all’uscita dall’aula per consentire il voto. Se questa è la trattativa tra i due schieramenti, a Bersani resta davvero poco da giocarsi. 

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