(Sabato 23 marzo 2013 Paolo Nori è vittima di un incidente stradale in zona Casalecchio di Reno, dove abita. Quattro giorni dopo un dispaccio di agenzia lo dà in fin di vita. I quotidiani online pubblicano alla bell’e meglio la notizia. A me viene da scrivere il post che vi propongo.)

Siamo nel 1999, è primavera inoltrata, adesso che ci ripenso mi pare proprio che si sentisse nell’aria, questa cosa della primavera. Io dirigo due collane di libri: Euronoir per Hobby & Work e VoxNoir per DeriveApprodi. Sta iniziando la grande stagione del noir e io porto all’incasso le previsioni che avevo lanciato negli anni precedenti. Che ci sia qualcosa che non gira per il verso giusto, dovrei accorgermene. Invece trascuro dei dettagli e divento complice di una frittata immangiabile. Pazienza, ma non è questo di cui voglio parlare.

Sergio Bianchi, che lavorava con Castelvecchi alla collana DeriveApprodi, si è staccato per fondare la casa editrice che porterà il nome della vecchia collana. Andandosene, si porta anche alcuni scatoloni che poi mi spedisce: tutti manoscritti di autori italiani. Ci dovrebbe essere un romanzo di Valter Binaghi, ma non me ne accorgo (lo ritroverò qualche anno dopo da Dario Flaccovio), c’è sicuramente un romanzo di Paolo Nori, Bassotuba non c’è. Lo leggo, me ne innamoro e non faccio fatica a convincere la mia co-direttrice di collana Alessandra Gambetti a pubblicarlo. Per una collana che si chiama Vox, Paolo Nori ha quella giusta. Il libro è appena uscito quando Paolo, una notte va a sbattere con l’auto e se non ci lascia le penne quella volta non ce le lascia più, almeno in un incidente di quel tipo.

(Per questo sono ottimista e posso scrivere con leggerezza di un qualcosa che altrimenti mi farebbe orrore.)

Paolo Nori finisce al reparto grandi ustionati del policlinico di Parma, voi vi potete leggere tutta la storia nei suoi romanzi. Noi, allora, lo aspettiamo a Reggio Emilia, a Ricercare, il monumento alla nuova narrativa italiana messo in piedi da alcuni ex del Gruppo 63. C’è agitazione, tutti vogliono Paolo Nori. Paolo Repetti e Severino Cesari sembrano due leoni in gabbia. Hanno bisogno di Paolo Nori, fosse solo per loro gli farebbero firmare un contratto con Stile Libero fine durata mai. C’è un’aspirante agente, una che non fa ancora quel mestiere ma vorrebbe cominciare, che si mette in viaggio per parlare con Nori del suo progetto. Il dubbio è: Paolo Nori sarà ancora in grado parlare? E di scrivere?

Mi rendo conto di avere pescato il jolly e provo a far finta di niente. Da un lato sono divertito, dall’altro vagamente nauseato. Mi convinco che senza la scrittura di Paolo Nori niente di tutto questo accadrebbe. Fino a che il primato spetta alla letteratura va comunque bene. Un amico di Paolo legge al pubblico di Ricercare. Applausi. Severino Cesari si produce in uno degli interventi più confusi della sua vita, ci sono applausi convinti anche per lui. Alla fine ognuno se ne torna a casa, tranne il povero Paolo che rimane in ospedale, e ci resterà ancora per dei mesi, durante i quali firmerà il contratto con la nuova agente e sceglierà Einaudi Stile Libero come futuro editore, dopo un ballottaggio con Feltrinelli. Io scrivo una mail a Severino Cesari. Caro, Severino ­– dico grossomodo – perché invece di rubarmi gli autori non fai un contratto a me, così li rubo io al posto tuo e per te. Deve ritenere la formula ineccepibile, tanto che il contratto me lo fa sul serio.

Paolo Nori nei suoi primi romanzi parla di un certo Giulio Tradardi. Sono io. Due o tre anni fa, mi viene voglia di saperne di più di questo Tradardi. E così lo scrivo io un romanzo con lui protagonista. Forse sarà il prossimo romanzo che pubblicherò. Un giorno incontro Paolo Nori alla libreria Coop, gli dico di Tradardi e del romanzo. Gli chiedo il permesso. Me lo concede. Sorrido.

(Domenica 24 marzo, di mattina, ricevo una mail dal sistema di Twitter. C’è scritto che Paolo Nori è diventato mio follower. C’erano troppi rimandi e troppe coincidenze in questa piccola storia perché rimanesse soltanto mia.)

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