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Paradisi fiscali, fuga da Cipro: offshore verso Malta e Lussemburgo

Ci sono altre destinazioni nell'Eurozona per i ricchi evasori, senza doversi spostare a Singapore o nei Caraibi. La Valletta e il Granducato, come Nicosia, hanno visto il loro sistema bancario gonfiarsi, anche grazie ad aliquote arcivantaggiose, labili controlli sui flussi di capitale e grande opacità finanziaria

In questi giorni basta inserire su Google le parole “Cyprus“, “Malta” e “offshore” e subito compare una pubblicità in inglese che non lascia adito a dubbi: “Una società a Cipro? Sposta il tuo business a Malta: ora”. Insomma, per un paradiso fiscale che cade, altri ne restano, ben saldi e accoglienti, pronti all’uso: non solo all’interno dell’Unione europea, ma anche dell’eurozona, perché lì si trovano entrambe le isole. E non esiste solo Malta. C’è anche il Lussemburgo. Tutti piccoli Paesi con un sistema bancario sovradimensionato rispetto all’economia locale. Potenzialmente a rischio. E’ la realtà di un’area a moneta unica, ma con all’interno regimi fiscali completamente diversi: un’assurdità di cui tutti (dirigenti politici nazionali ed europei compresi) sembrano essersi accorti d’un tratto solo negli ultimi giorni. E il problema non è localizzato solo a Nicosia.

Cipro, appunto: qui, grazie ad aliquote arcivantaggiose e labili controlli sui flussi di capitale, in pochi anni i depositi bancari sono lievitati a 47 miliardi di euro. Come dire, il 260% del Pil del Paese. Ma se si guarda al Granducato del Lussemburgo, lì il rapporto è ancora più inquietante: 227 miliardi di depositi per un Pil di appena 44. Siamo al 517%. E’ una quota raggiunta grazie a un’imposizione minima pagata sulle holding e all’esistenza del segreto bancario (che, in realtà, almeno ufficialmente, non viene applicato a Cipro). In effetti ai clienti non residenti delle banche lussemburghesi è assicurato che il loro nome mai e poi mai verrà comunicato alla propria amministrazione fiscale. E malgrado siano stati conclusi accordi per lo scambio di informazioni tra il Lussemburgo e altri Stati europei, nella realtà dei fatti il Granducato ne fornisce il minimo possibile. Non per niente figura al terzo posto nella classifica mondiale dei Paesi con maggiore opacità finanziaria, stilata dal Tax Justice Network.

Negli ultimi giorni, anche direttamente dal Granducato, sono arrivate rassicurazioni sull’impossibilità di un confronto con Cipro. Dove l’80% del sistema bancario è costituito da banche locali, mentre nel Lussemburgo il grosso è rappresentato da controllate di grandi istituti internazionali (il 90% degli asset bancari, secondo un rapporto del Fondo monetario internazionale, si trova in mani straniere). E poi il Granducato è uno dei rari Paesi del mondo a beneficiare ancora della tripla A per il debito pubblico. Sarebbe sicuro, a prova di crack. Ma, visti i tempi, quel sistema bancario ingigantito comincia a preoccupare, eccome. A Malta la situazione è simile. In pochi anni l’isola (entrata nella Ue nel 2004 e quattro anni più tardi nell’eurozona) ha visto il sistema bancario gonfiarsi. E diventare ormai otto volte più grande del Pil. Perché? L’imposta sulle società è ufficialmente del 35% ma precipita al 5% per gli azionisti non residenti. E per un cittadino straniero che prenda la residenza nell’isola, le tasse da pagare sono relativamente basse. Non esiste la patrimoniale e non ci sono imposte sulla successione.

Anche da Malta, negli ultimi giorni, sono giunte rassicurazioni: al di là delle apparenze, non siamo come Cipro. Anche perché l’esposizione nei confronti dei titoli di Stato greci, che hanno accelerato il tracollo cipriota, nel caso delle banche a Malta è ridottissima. Ma quelle pubblicità apparse subito su Internet (e che appaiono come un invito ai ricchi russi e agli altri ‘fregati’ da Nicosia), parlano chiaro: Malta potrebbe diventare una valida alternativa a Cipro per i ricchi evasori, russi e non, senza doversi spostare a Singapore o nei Caraibi. Sì, quel sistema bancario abnorme potrebbe espandersi ancora di più. D’altra parte, anche altri Paesi dell’Unione, più insospettabili, funzionano in certi contesti come paradisi fiscali. Perfino il Regno Unito, dove i “residenti non domiciliati” sono tassati unicamente sulle loro entrate nel Paese e non su quelle incassate all’estero. O sul patrimonio detenuto solo sul suolo britannico. Non è un caso che tanti oligarchi russi, invece di Nicosia, avessero già da tempo scelto di vivere nei quartieri più in di Londra.