L’imperativo è quello che scimmiotta il bel diverso auspicio di Oscar Wilde: “Parlate di me come volete, basta che scriviate bene il mio nome”. Wilde si riferiva a chi, (e erano in molti), stigmatizzava il suo stile di vita, la sua acuta e tagliente capacità di vedere oltre le apparenze, il suo sguardo e la sua visione dissacrante e lontana dal manierismo formale delle buone maniere manichee della società del suo tempo.

Il salto temporale dell’oggi ci scaraventa dentro il cattivo gusto, l’oscenità, la volgarità e la violenza di molte campagne pubblicitarie, che pur di far parlare dei prodotti che reclamizzano usano tutto: i disturbi alimentari, la violenza della polizia, lo stupro, e ora anche il femminicidio, (ma c’è anche la versione in cui è donna che pulisce le tracce dell’omicidio ritratto, in ossequio alle pari opportunità e alle quote rosa, of course.

Niente di nuovo sotto il buio della ‘modernità’. E’ il mercato, bellezza, come ben spiegato nel video di qualche anno fa “Se questa è una donna. Il corpo femminile nei messaggi pubblicitari”

Lì la domanda che teneva insieme la lunga e progressiva esposizione di manifesti che usavano in modo avvilente e umiliante il corpo femminile era: che cosa si sta vendendo? “Violenza”, secondo l’opinione delle due ricercatrici. E c’è da concordare con loro.

Oggi i creativi che hanno ideato la campagna pubblicitaria che campeggia nel napoletano e ritrae un uomo mentre impugna un panno per smacchiare le tracce del femminicidio che si intuisce nelle sfondo, (invitando a usare il prodigioso prodotto che ‘elimina tutte le tracce’) giustificano con tranquillità impunita la scelta dicendo che non c’è sangue sui cartelloni, che quindi il messaggio è ‘dolce’ e che per di più hanno anche pensato la versione, appunto, paritaria, nella quale chi pulisce le presunte tracce è una donna, e per terra c’è un uomo.

In attesa che i progressisti creativi partoriscano anche la versione per coppie gay, lesbiche e trans due pensieri che possano riempire il vuoto di senso, di sensibilità, di cultura e di buon gusto con il quale abbiamo a che fare.

Sin dai tempi più antichi la morte e la violenza, l’amore e la morte hanno interessato l’umanità, che dalla paura e dal mistero dell’intreccio che spesso la vita ci pone di fronte tra questi elementi ha tratto ispirazione per creare arte, poesia, narrazioni, visioni e condividere bellezza e tormento.

Ma l’arte, il pensiero, la creatività, anche la più spietatamente diretta ed esplicita, nulla hanno a che fare con la mediocre furberia di vendere un prodotto giocando sul dolore e la tragica evidenza della violenza contro un corpo, di donna o di uomo che sia.

Abbiamo, per fortuna, tra le mani il potente strumento del boicottaggio di ogni merce che venga reclamizzata usando immagini e concetti privi di qualunque senso di misura e di etica: facciamo vedere in questo modo che vogliamo eliminare ogni traccia di questa bruttura seppellendo questi creativi, e i loro prodotti, nel silenzio e nella disapprovazione assoluta.

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