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Cina, ora la corruzione viene svelata con smartphone e microblog

Funzionari con decine di appartamenti, quadri con oggetti di lusso. I cittadini li fotograno e li filmano e chiedono come fatto a indossare rolex e borse griffate con gli stipendi pubblici. Nell'ultima decade circa 900mila quadri di Partito sono stati condannati per aver preso tangenti

L’hanno chiamati “nonno Abitazione” e “sorella Appartamento”, proprio in onore dello “zio Casa”, un funzionario cinquantanovenne che lo scorso autunno si era conquistato i titoli dei principali quotidiani perché possedeva più case di quante il suo stipendio da dipendente pubblico gli avrebbe mai permesso di acquistare. Ma “nonno” e “sorella” sono andati ben oltre. Il “nonno”, al secolo Zhao Haibin è un alto funzionario dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza della città sudorientale di Lufeng. È proprietario di 192 appartamenti che ha acquistato con un falso documento di identità: aveva due hukou, ovvero due permessi di residenza.  

Una delle leggi più anacronistiche ancora in vigore in Cina, infatti, è proprio quella che lega i cittadini cinesi al proprio hukou, ovvero la residenza al momento della nascita. Questa legge, che divide i cinesi in abitanti di città e abitanti di campagna e gli assegna diversi diritti, è la stessa legge che non permette ai figli dei migranti di frequentare le scuole della città costringendoli così a tornare ad abitare con i nonni nel paese natale o a frequentare scuole “clandestine”. Secondo il quotidiano Guangzhou Daily, Zhao ha sostenuto che tutte le proprietà appartenevano a suo fratello, ma ha ammesso di essersi avvalso di un documento di identità falso. Gli scandali che legano la corruzione a falsi permessi di residenza sono sempre più frequenti. Il mese scorso un alto dirigente di banca della provincia dello Sha’anxi è stato smascherato. La donna, al secolo Gong Aiai e sul web “sorella Appartamento”, a soli 49 anni aveva acquistato 41 appartamenti mostrando quattro differenti documenti di residenza.

La corruzione dei funzionari pubblici è la sfida più grande che il Partito comunista cinese si trova ad affrontare. Le crescenti disparità economiche hanno reso i cittadini della Repubblica popolare sempre più intolleranti verso chi abusa del suo potere politico per ottenere illeciti vantaggi economici. E la rete, i microblog e gli smartphone, insomma la condivisione nell’era del web 2.0 rendono sempre più facile la denuncia. Sono molti gli internauti che collezionano foto delle borse griffate, dei rolex e delle macchine di lusso dei personaggi pubblici e le pubblicano in rete calcolando l’ammontare totale dei beni e confrontandolo con i loro stipendi. La domanda che ne risulta è sempre la stessa: dove hanno preso i soldi? E anche la risposta è difficile che vari: mazzette.  

E infatti tv e la radio cinese non dovranno più diffondere spot che promuovono orologi, francobolli rari, monete d’oro e altri beni di lusso utilizzati tradizionalmente per i ‘regali’ che vengono fatti ai funzionari pubblici. Almeno è quello che ha deciso l’organismo responsabile del controllo di radio, tv e film (Sarft), secondo cui questo tipo di pubblicità “promuove valori scorretti e contribuisce a creare un ethos sociale negativo”. La nuova leadership cerca di frenare il crescente malcontento delle generazioni più giovani e della nascente classe media. Sono soprattutto loro infatti ad attraversare un momento difficile. Per la prima volta in trent’anni, chi si affaccia al mondo del lavoro sa che probabilmente avrà meno opportunità di chi li ha preceduti, sarà più povero e meno garantito. Come ci ha fatto notare lo storico britannico James Palmer, “la corruzione ha sempre pervaso ogni aspetto della vita politica e commerciale cinese. È stata tollerata solo perché tutti si stavano arricchendo, ma ora non è più così”.

Sono sempre di più quelli che vedono nella corruzione dei quadri di Partito la causa di tutti i malesseri economici e sociali che la Cina si trova ad affrontare. Anche le autorità cominciano ad ammettere pubblicamente l’entità del problema. L’Accademia cinese delle scienze sociali, il più importante think thank del paese, ha pubblicato uno studio in cui denuncia che negli ultimi quindici anni almeno 18mila funzionari sono scappati dalla Cina trasferendo illegalmente all’estero quasi cento miliardi di euro, l’1,4 per cento del pil annuale.  E sono gli stessi media di stato a riportare che nell’ultima decade circa 900mila quadri di Partito sono stati condannati per aver preso tangenti. Si tratta di 80-90mila casi di corruzione conclamata all’anno. Lo stesso Xi Jinping, nel suo primo discorso da presidente del partito comunista più grande del mondo, aveva pubblicamente ammesso che la corruzione era la sfida più grande che si trovava ad affrontare. E all’inizio del 2013 aveva rincarato “colpiremo sia le mosche che le tigri” aveva detto per rassicurare la popolazione sul fatto che la sua campagna contro la corruzione non avrebbe guardato in faccia nessuno.  

Ma gli esperti e gli studiosi rimangono scettici. L’esplosione degli scandali legati ai falsi permessi di residenza evidenziano una dimensione labirintica del problema. “In storie come queste, si capisce quanto è difficile sapere quante e quali persone hanno proprietà”, ha dichiarato Jean-Pierre Cabestan, un esperto di politica cinese dell’Università battista di Hong Kong al Guardian. “Quello che hanno fatto è di registrare le proprietà sotto nomi di amici, parenti e aziende. Ne risulta un vero e proprio labirinto, molto difficile da ripercorrere per le autorità”. Insomma, un problema che nel Bel Paese conosciamo bene, chissà se la nuova leadership saprà trovare una risposta efficace. Per il momento lo stanno facendo i cittadini, attraverso internet.

di Cecilia Attanasio Ghezzi