Nel giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda la morte di Gesù, Bergoglio ha voluto ricordare l'ultimo viaggio apostolico del suo predecessore, Benedetto XVI, in Libano, nel settembre del 2012. Proprio a due giovani di quel Paese, Ratzinger aveva affidato la preparazione dei testi delle quattordici stazioni che sono risuonati stasera in via dei Fori Imperiali
“Abbiamo visto la bellezza e la forza della comunione dei cristiani del Libano e dell’amicizia di tanti fratelli musulmani”. I dialoghi ecumenico e interreligioso irrompono nella prima via crucis al Colosseo di Papa Francesco. Stasera, nel giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda la morte di Gesù, Bergoglio ha voluto ricordare l’ultimo viaggio apostolico del suo predecessore, Benedetto XVI, in Libano, nel settembre del 2012. Proprio a due giovani di quel Paese, Ratzinger aveva affidato la preparazione dei testi delle quattordici stazioni della via crucis che sono risuonati stasera al Colosseo. A supervisionare le meditazioni è stato il Patriarca Maronita Béchara Boutros Raï, creato cardinale da Benedetto XVI nel suo ultimo concistoro, nel novembre 2012.
Anche i temi della bioetica nella meditazione della dodicesima stazione, quella dedicata alla morte di Gesù. “Oggi preghiamo perché tutti coloro che promuovono l’aborto – hanno scritto i due giovani libanesi – prendano coscienza che l’amore non può essere che sorgente di vita. Pensiamo anche ai difensori dell’eutanasia e a coloro che incoraggiano tecniche e procedimenti che mettono in pericolo la vita umana”. E nella penultima stazione una preghiera speciale “per le vittime delle guerre e della violenza che devastano, in questo nostro tempo, vari Paesi del Medio Oriente, come pure altre parti del mondo”. Tra le meditazioni che sono risuonate al Colosseo spazio anche a una riflessione sulle “donne ferite nella loro dignità, violentate dalle discriminazioni, dall’ingiustizia e dalla sofferenza”, e sui “giovani che sono oppressi dalla disperazione, che sono vittime della droga, delle sette e delle perversioni”. “Nel nostro mondo contemporaneo – hanno scritto i due giovani libanesi – molti sono i ‘Pilato‘ che tengono nelle mani le leve del potere e ne fanno uso al servizio dei più forti. Molti sono coloro che, deboli e vili davanti a queste correnti di potere, impegnano la loro autorità al servizio dell’ingiustizia e calpestano la dignità dell’uomo e il suo diritto alla vita”.
Al termine della via crucis, Papa Francesco ha sottolineato che “a volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la croce di Cristo: una parola che è amore, misericordia, perdono. E’ anche giudizio: Dio ci giudica amandoci”. Bergoglio ha sottolineato, inoltre, che “la parola della croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi”. A portare la croce, insieme con il Papa, sono stati il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, due famiglie provenienti dall’Italia e dall’India, un malato dell’Unitalsi, due seminaristi cinesi, due frati francescani della Custodia di Terra Santa, due religiose dell’Africa e due del Libano e due giovani provenienti del Brasile, Paese che a luglio sarà la meta del primo viaggio internazionale di Francesco.
@FrancescoGrana