“Come si può immaginare un’alleanza con Grillo e Casaleggio, che teorizzano ‘un Parlamento senza i partiti’ e puntano al ‘100% dei suffragi’ e poi all’auto scioglimento?” (Giannini, Repubblica, 29/3/13). Non so se il virgolettato è vero o spurio. Se è spurio, è un commento fuorviante di un giornale che in ogni occasione si unisce agli appelli alla responsabilità…in due sole direzioni. Se è vero, potrebbe essere interpretato in modo meno allarmista. L’auto scioglimento, perché no? Il 100% ricorda la ‘vocazione maggioritaria’ (51%) del Pd. E forse ci si riferisce a ‘questi partiti’. In ogni caso, i M5S non hanno il monopolio delle sciocchezze.
È fin troppo facile lanciare appelli alla responsabilità quando si traducono con: “date a noi il potere (esecutivo)”. Ma se rovesciassimo l’appello? La realtà delle urne è stata dolorosa per il Pd e i suoi fiancheggiatori: perciò non è stata ancora ben assimilata. Ma il premio di maggioranza, conquistato dal Pd alla Camera, dal punto di vista della nascita di un governo non vale più dei parlamentari M5S o Pdl. Vale per l’elezione del Presidente della Repubblica. E vale, sul versante del governo, come potere di interdizione: è un potere negativo assoluto. Ma il Pd non può dettare condizioni, solo cercare un accordo fra pari.
Messe da parte le soluzioni pasticciate – drappelli di senatori che ‘si staccano’ da questo e da quello o ‘escono dall’aula’ – il Pd ha di fronte due soluzioni ‘pulite’: un governo sostenuto dal Pdl, oppure dal M5S. Deve valutare chi offre condizioni migliori. Secondo Bersani, il Pdl pone “condizioni e preclusioni inaccettabili”. A me sembra che punti a nuove elezioni: perciò se anche le sue ‘preclusioni inaccettabili’ fossero accettate, subito ne sorgerebbero di nuove. Non scommetterei sull’affidabilità del Pdl in questa fase. Anche prescindendo dai problemi di affidabilità costituzionale. O dai diktat sul futuro Presidente della Repubblica. Che dovrà offrire al paese un sicuro ancoraggio democratico nei prossimi sette anni.
Nulla di tutto questo accade con il M5S, la cui disponibilità si è arenata non per distanze programmatiche o questioni di nomine. Ma perché il M5S ha chiesto con sufficiente chiarezza un Premier ‘fuori dai partiti’ e a cascata, se vale ancora l’art. 92 c.2 Cost.
“Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.” un esecutivo ‘fuori dai partiti’. Richiesta assurda? La condizione di ‘sostanziale parità’ fra Pd e M5S ai fini della nascita di un governo ha come corollario che l’indicazione del premier spetta al M5S quanto al Pd. E dunque? Devono valere altre considerazioni.
Sul piano politico, il Pd ha preso più voti, ma la vittoria di una lista è data anche dalla variazione del consenso ottenuto. E sotto questo profilo, Pd e Pdl hanno straperso. Inoltre se all’o.d.g. del prossimo governo c’è la riforma del sistema politico – nel senso di tornare alla Costituzione (M5S, San Giovanni, Roma, 23/2/13), di rientrare dall’abuso sistematico della classe politica sulle istituzioni (la cui punta dell’iceberg sono i privilegi economici) -, non c’è da stupirsi se M5S non voglia affidare la direzione dell’operazione a chi quella condizione di abuso ha tollerato per decenni. Che vale realizzare otto punti, se poi si aprono 10 nuove falle? La riforma o è ‘sistemica’, o non è.
Ma anche sull’economia, le maggiori speranze di ‘voltare pagina’ (Bersani) vengono dal M5S, orientato verso economisti sulla linea dei Nobel Krugman eStiglitz. Al contrario, le indiscrezioni sui possibili Ministri economici di Bersani – Saccomanni, Padoan – confermano che il Pd non riesce ad affrancarsi dall’ortodossia eurocratica, e a pescare nella grande corrente neokeynesiana che è parte della sua Storia. Come chiedere a M5S di sporcarsi le mani con un fallimento di cui non è responsabile, e al tempo stesso per animositatem in errore manere?
Il M5S ha tanti difetti. È un Movimento, non un partito. Perciò: ha un’Agenda limitata. Cede spesso alla supponenza, all’utopia. Non ha un candidato premier, attende che Napolitano faccia un nome fuori dai partiti a metà strada fra Pd e M5S (vicino ai valori ma non alle pratiche del Pd). Non vuole accordarsi con i partiti, semmai direttamente con il premier. Ha difficoltà a entrare in un rapporto stabile di fiducia: ciò limiterà la credibilità del governo e le sue chances di rovesciare le aspettative negative (essenziale per battere la crisi). Ha problemi di affidabilità. Quel che si vuole. Ma niente giustifica la spocchia con cui l’élite del paese tratta M5S e la sua diversità.
Bersani è attaccato alla poltrona, è responsabile dello stallo politico? O è un agnello pasquale che va incontro al sacrificio, dopo aver offerto a M5S l’occasione di chiarirsi le idee, di dire ‘no’ al ‘Governo del Pd’; ed apre la strada a un governo non ‘del cambiamento’ bensì ‘della discontinuità’, pur equilibrato dal Pd? Sia come sia, però ora date a M5S questo benedetto governo. Se faranno bene: meglio; se faranno male, il paese prenderà nota. Rischi non ci sono: il Pd manterrebbe il controllo, attraverso la Camera.
Napolitano, nel momento supremo, non sbagli la sua mossa. L’economia e le istituzioni hanno bisogno di un progetto di rigenerazione immediato, che la classe politica non esprime. L’istinto dell’anziano Presidente è di affidarsi a una figura istituzionale nota. In grado di fare bene. Ma non di dare una svolta al paese. In tempi normali, sarebbe ineccepibile. Oggi, sarebbe l’anticamera di Weimar. La parabola dei talenti ci esorta a vivere con responsabilità, assumendoci i rischi relativi, e condanna chi fa scelte inattaccabili ma inadeguate.
Buona Pasqua a tutti.