“La nostra libertà dipende dalla libertà di stampa, ed essa non può essere limitata senza che vada perduta” diceva Thomas Jefferson, politico scienziato e presidente degli Stati Uniti. Da oggi in Birmania c’è un po’ di più di libertà. Fino a ieri c’erano solo giornali statali. Dopo mezzo secolo di divieto, sono usciti nel paese asiatico i primi quattro quotidiani privati, resi possibili dall’entrata in vigore di una nuova disposizione che ha eliminato la messa al bando istituita nel 1964, nell’ennesima riforma introdotta dal governo civile.
I nuovi giornali fanno parte delle sedici pubblicazioni autorizzate dal governo, rispetto alle 25 che avevano presentato la richiesta. Per fine aprile è prevista anche la prima uscita del quotidiano della Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi. Dal giro di vite applicato dalla dittatura militare nel 1994, gli unici quotidiani ammessi erano quelli statali. Il New Light of Myanmar, la versione in inglese, era un concentrato di paludati resoconti di visite ufficiali, in puro stile orwelliano. Dall’avvento del governo civile di Thein Sein nel 2011, grazie alle progressive e sorprendenti aperture come l’abolizione della censura preventiva, il settore della stampa aveva già visto un fiorire di pubblicazioni periodiche private.
Gli ostacoli per la stampa privata tuttavia non mancano, a partire dalla difficoltà di distribuzione a causa della disastrata rete di infrastrutture nazionale: al momento i quotidiani escono solo nell’ex capitale Rangoon. Molti osservatori credono inoltre che l’esistenza di sedici quotidiani privati non sia economicamente sostenibile. A livello legislativo, mentre una nuova legge organica sulla stampa è ancora in preparazione, rimangono infine in vigore – almeno sulla carta – diverse norme restrittive concepite dal regime militare.
I primi quattro quotidiani privati in Birmania sono spariti dalle edicole di Rangoon già dopo mezza giornata, a conferma della sete di informazione in un Paese appena uscito dalla dittatura. Con altre 12 pubblicazioni attese a breve, l’uscita dei giornali privati rappresenta una delle riforme potenzialmente più d’impatto introdotte dal governo civile; ma il clamoroso successo dell’esordio non significa che il settore sarà esente da complicazioni già all’orizzonte. Oggi sono usciti ‘The Voice’, ‘The Union’, ‘The Golden Fresh Land’e ‘The Standard Time’, espressione di diversi interessi politici.
Nonostante gli innegabili progressi, gli ostacoli non mancano. Il passaggio da zero a 16 quotidiani comporterà un’inevitabile selezione delle pubblicazioni capaci di mantenere le pubblicazioni con continuità. L’improvvisa domanda di giornalisti ha evidenziato la mancanza di talento da formare per il mestiere, in un Paese fortemente gerarchico e privo di una tradizione di domande scomode al potere. Le arretrate infrastrutture birmane, dalla precaria rete elettrica alle strade disastrate, rendono al momento impossibile una diffusione nelle vaste aree rurali. I giornali dovranno inoltre trovare il modo di coniugare profitto stampa e digitale; al momento la penetrazione di internet è bassissima, ma cresce in modo esponenziale anche grazie ai telefonini.
Soprattutto, malgrado le riforme, sulla carta il settore rimane regolato da norme concepite dalla giunta militare. Una nuova legge organica è in via di preparazione, ma sarà comunque redatta da una classe politica formatasi durante il regime. Negli ultimi mesi i giornalisti birmani hanno protestato compatti contro una bozza preparata dal governo senza nemmeno consultarli, che in sostanza reintroduceva la censura dalla finestra. In seguito alle lamentele, un ministro ha fatto capire che il testo sarà emendato. Se le vendite rimarranno sostenute come fa sperare il primo giorno, dai lettori potrebbe venire un’arma di pressione in più.