La chiamata sulla panchina del Sunderland del tecnico italiano Paolo Di Canio, di dichiarate simpatie fasciste, ha già innescato un terremoto di elevata magnitudo. E pochi minuti dopo l’annuncio, l’ex ministro degli esteri laburista David Miliband si è dimesso dal ruolo di direttore esecutivo del club, per manifesta incompatibilità politiche con il nuovo tecnico. Una bomba a ciel sereno, che l’ex delfino di Tony Blair, scarica nella notte pasquale con un comunicato ufficiale sul suo sito: “Auguro al Sunderland un futuro pieno di successi. E’ una grande istituzione che ha fatto tanto per il Nordest britannico e faccio tanti auguri alla squadra per le prossime sette partite decisive. Tuttavia, alla luce delle dichiarazioni politiche fatte in passato dal nuovo manager, credo sia giusto lasciare”.
David Miliband, che dopo aver perso da favorito fa le primarie “in famiglia” per la leadership dell’opposizione nel 2010 (attuale segretario laburista è il fratello Ed) ha annunciato pochi giorni fa il suo ritiro dalla politica, non è stato però l’unico a reagire in questo modo all’arrivo di Di Canio su una panchina di Premier League. Dalla BBC ai maggiori media britannici, tutti hanno sottolineato e stigmatizzato le simpatie fasciste del tecnico romano, riportando le pagine della sua autobiografia in cui dichiarava orgogliosamente fascista: la sua definizione di Mussolini come “uomo dai validi principi etici, che è stato incompreso”, il tatuaggio Dux sul braccio, e il celebre saluto romano rivolto alla Curva Nord biancoceleste.
Amato e odiato, del calciatore Di Canio in Inghilterra ricordano le 11 giornate di squalifica ricevute per aver spinto un arbitro e, qualche mese dopo, la decisione di non segnare un facile gol col portiere avversario a terra che gli è valso il premio fair-play. Dell’allenatore Di Canio invece, c’è solo la buona stagione con lo Swindon Town, che ha guidato alla promozione diretta in League One (terza serie). Una stagione sporcata però da una brutta polemica col giocatore Tehoue: messo fuori rosa per incompetenza, come ha dichiarato allora il tecnico, o allontanato per razzismo, come ha denunciato il giocatore. Una polemica che già aveva riportato sulle prime pagine le convinzioni politiche del tecnico. Ma si trattava di calcio minore, appunto.
Da oggi, dopo essere stato in corsa anche per la panchina del Reading, Di Canio siederà invece sotto i riflettori della massima serie del calcio inglese, alla guida di una squadra che non vince da ben otto partite e che è precipitata in zona retrocessione. E il compito dell’ex capitano della Lazio e talentuoso giocatore di Celtic Glasgow, Sheffield Wednesday e West Ham, sarà doppiamente faticoso: dimostrare di essere un tecnico da Premier League e, allo stesso tempo, evitare che le sue simpatie politiche possano interferire con il suo lavoro. L’inizio, con le immediate dimissioni del fratello del segretario laburista, il mormorio dei tifosi che gli rimproverano la mancanza di esperienza ai massimi livelli, e la stampa che si è mostrata subito pronta a illuminare ogni angolo buio della sua vita pubblica e privata, non sembra dei più facili.