Si mette male per gli ex assessori ed ex consiglieri della Regione Lazio, ovvero tutti quelli in carica nelle precedenti legislature, incluso il governatorato Polverini. Lo scorso 20 marzo la Corte di Appello di Roma ha infatti dichiarato ammissibili i quesiti referendari per l’abrogazione del vitalizio – loro spettante dalla fine del mandato – promossi dalla Federazione della Sinistra e dal comitato No vitalizi Lazio, con 53mila firme raccolte. Perché è vero, il privilegio era stato già abolito dal Parlamento lo scorso novembre con il decreto sui tagli ai costi della politica degli enti locali. Ma, come aveva appurato la stampa, con una piccola frase aggiunta alla fine della lettera “m” dell’articolo 2 di quel provvedimento, erano stati sottratti alla scure del governo Monti “i trattamenti già in erogazione” e la futura pensione dei consiglieri in carica fino a quel momento. Più precisamente: la legge 213/2012 – di conversione del decreto – aveva sì eliminato i vitalizi dei consiglieri delle varie Regioni, ma soltanto a partire dalla prossima legislatura.
E invece i 71 ex consiglieri e i 14 ex assessori (tutti esterni) della Regione Lazio, in carica fino allo scorso mese, la certezza di percepire vita natural durante – a partire dal compimento del cinquantesimo anno di età – quei 4400 euro al mese adesso non ce l’hanno più. Saranno i cittadini laziali a decidere – probabilmente già entro la fine dell’anno – il loro futuro economico. “Dopo la formazione della giunta Zingaretti (anche questa composta da esterni ndr) che non fa ben sperare per il futuro – commenta Loredana Fraleone, segretario regionale Prc-Federazione della Sinistra – finalmente una buona notizia. E’ la prima volta, in oltre in quarant’anni di storia della Regione Lazio, che viene portato a termine un percorso referendario regionale”.
Due le leggi regionali che il referendum intende abrogare: la n.7 del 16 marzo 1973 e la n.19 del 2 maggio 1995, che prevedono entrambe l’istituto del vitalizio per i consiglieri e gli assessori della Regione. E per le sue casse vorrebbe dire un risparmio di quasi 4,5 milioni di euro all’anno. Stimando una vita media di 84 anni, l’ente potrebbe arrivare a sborsare (o a risparmiare, nel caso in cui le due leggi venissero abrogate), in 34 anni, un totale di 153 milioni di euro. “Fondi pubblici che – fa notare il segretario regionale della Federazione della Sinistra – potrebbero essere reinvestiti in sanità, cultura e servizi sociali”. Certo, il referendum potrebbe anche non tenersi. Ma “solo nel caso in cui il Consiglio regionale modificasse le leggi, che si vogliono abrogare”, conclude il comitato ‘No vitalizi Lazio’, facendo così cadere dunque i motivi di indizione del referendum.
A tremare in entrambi i casi non sono soltanto gli 85 amministratori regionali della passata legislatura. Il referendum intende abrogare proprio tutti i vitalizi, compresi quelli di cui attualmente beneficiano 221 ex consiglieri, per i quali la Regione già spende la bellezza di circa 17milioni di euro all’anno. Facile immaginare che, vista la valanga di ricorsi presentati la scorsa estate contro la riduzione di appena 300 euro, se il tanto amato assegno vitalizio gli venisse tolto del tutto, potrebbero attuare forme di protesta “estreme”. Appellandosi, se non altro, al cosiddetto diritto acquisito.