13 le pratiche saldate a marzo, 25/30 ad aprile, e il primo cittadino Maino Benatti rivolge un appello a Errani e al ministro Grilli: "Questo atteggiamento cinico e non costruttivo è inaccettabile. Gli istituti di credito rallentano la ricostruzione". I responsabili: "Non è colpa nostra ma della certificazione Mude"
Le banche “rallentano la ricostruzione”. A puntare il dito direttamente contro gli istituti di credito dell’Emilia, con i quali la Regione ha stipulato un accordo per favorire l’erogazione dei contributi statali relativi al terremoto, questa volta sono proprio le istituzioni. E’ il sindaco di Mirandola, Maino Benatti, a rivolgere un appello al presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, e al ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, per chiedere un intervento di ‘snellimento burocratico’ su chi dovrebbe limitarsi a “erogare gli aiuti”. Ma che invece “blocca” il processo, danneggiando un’area, il cratere, che da che da 10 mesi si trova alle prese con una ricostruzione che sta procedendo a ‘singhiozzo’. Ai rallentamenti burocratici, alla pioggia di ordinanze firmate dal commissario straordinario e a un sistema, il Mude, difficile da seguire persino per i tecnici, un nuovo scoglio ostacola chi, in Emilia, vuole rimettere in piedi, mattone su mattone, la propria vita.
“Le banche – spiega Benatti – non stanno facendo le banche, ovvero non si stanno mettendo a disposizione delle imprese e delle famiglie per la ricostruzione dei Comuni terremotati. In molti casi stanno invece bloccando gli aiuti e i contributi con un atteggiamento cinico e non costruttivo”. Il problema, continua il primo cittadino del comune situato ‘nel cuore’ del cratere, non sono i soldi, sbloccati già da gennaio, ma chi dovrebbe erogarli. “I contributi e le risorse ci sono – ribadisce il sindaco – le procedure di richiesta e di verifica stanno ingranando, ma ora le banche, che dovrebbero limitarsi a distribuire soldi non loro, stanno mettendo ostacoli e bloccando i pagamenti. Questo è inaccettabile”.
Anche perché sono le banche a dover pagare le cambiali Errani, liquidando il Sal, lo stato di avanzamento lavori, previsto dallo Stato per remunerare le imprese che, sul territorio, ricostruiscono materialmente ciò che il terremoto ha distrutto. Ma il processo non è lineare. “Io non ho subito personalmente danni a causa del sisma – racconta Giacomo Fiori, libero professionista in pensione – però vista la mia esperienza professionale ho dato una mano ad alcune famiglie che devono ricostruire la propria casa. Grazie ai loro risparmi sono riuscite a fare subito i lavori necessari e come da regolamento abbiamo presentato la domanda. Dopo mesi, però, solo una di loro ha ricevuto il rimborso previsto, delle altre richieste non sappiamo ancora nulla. La banca si limita a dirci che i soldi ci sono, ma che ci vorrà tempo, che il sistema è complesso. Che dobbiamo fare? Noi non vogliamo certo mettere in difficoltà le aziende che hanno fatto i lavori, tutte scelte nel territorio, perché già c’è crisi e nel nostro piccolo vogliamo dare una mano, ma se non arriveranno i soldi purtroppo sarà così”.
A gennaio, dopo la firma dell’accordo con Abi, e Cassa depositi e prestiti, i 6 miliardi di euro che lo Stato ha previsto per la ricostruzione sono stati stanziati. A confermarlo sia Errani, sia l’assessore alle Attività Produttive Gian Carlo Muzzarelli. E arrivati i soldi, Luca Lorenzi presidente della commissione regionale Emilia Romagna dell’Abi, aveva assicurato: “andremo incontro ai cittadini”. Eppure, il meccanismo sembra ancora ingolfato. Il tempo però stringe, anche perché il 30 giugno famiglie e imprese terremotate dovranno ricominciare a pagare i mutui congelati per un anno, il 31 maggio cesserà lo stato di emergenza per il terremoto dell’Emilia e ricostruire sta diventando una corsa contro il tempo.
“La colpa non è delle banche – precisa però Lorenzi, contattato telefonicamente da ilfattoquotidiano.it – in tutto il cratere noi abbiamo liquidato appena 13 pratiche, per un totale di circa 300 mila euro, perché possiamo erogare i fondi, che non si trovano nelle nostre casse, ma li dobbiamo prenotare alla Cassa Depositi, solo quando le domande ci pervengono provviste di tutta la documentazione”. In particolare, osserva l’Abi, spesso alle richieste inoltrate dai cittadini, i dati infatti riguardano solo i privati, manca l’asseverazione, cioè una certificazione, rilasciata da un tecnico, che attesta l’effettiva realizzazione dei lavori. “Senza l’asseverazione le domande non possono essere liquidate” puntualizza Lorenzi. Il problema è che la procedura è così complessa che anche ad aprile, secondo i dati, non ancora definitivi, dell’Abi, le saranno solo 25 – 30 le richieste che verranno saldate, molte, anzi migliaia saranno invece le domande che verranno rispedite al mittente per problemi legati alla forma. “Noi saremmo ben felici di pagare perché così potremmo anche rientrare di diversi prestiti fatti in questi mesi – chiarisce il presidente della commissione regionale Abi – ma come non vogliamo incolpare nessuno di queste difficoltà, non possiamo nemmeno assumercene tutta la responsabilità. Credo invece che dovremmo lavorare tutti insieme, perché c’è ancora molto da fare”.
In un sistema che sembra sempre più una corsa ad ostacoli, “con pratiche tortuose e procedure scritte in politichese”, a fronte dei “tanti problemi evidenziati dai cittadini a cui si deve ancora dare risposta”, più che altro servono soluzioni. “A Medolla – racconta Elisabetta Aldrovandi di Fratelli d’Italia, consigliere comunale – nessuno ha ancora visto un euro. Delle 9.000 domande presentate ne sono state accolte solo 51, e già questo dato dovrebbe lasciare intendere la tortuosità della procedura, ma nemmeno chi ha ricevuto l’approvazione ha ottenuto la propria parte di rimborso. La colpa non è tutta delle banche, ma di un sistema troppo complesso che penalizza i cittadini e soprattutto le imprese”.