La figlia del re chiamata a comparire il prossimo 27 aprile davanti ai giudici che indagano sullo scandalo Noos in cui il marito è accusato di avere ottenuto pagamenti illeciti su eventi mai organizzati. Secondo il giudice Josè Castro, Cristina sarebbe sempre stata al corrente degli affari del consorte
Dalla casa reale spagnola è arrivato solo un laconico “No comment”. Ma la decisione presa stamattina dal giudice José Castro è solo l’ultima incrinatura inflitta al già malconcio palazzo della Zarzuela. L’infanta Cristina, 47 anni, secondogenita del re Juan Carlos, è finita nel registro dei indagati per il caso Nóos, l’istituto attraverso il quale il marito, il duca di Palma di Mallorca Iñaki Urdangarin, ha ottenuto pagamenti illeciti per eventi mai organizzati grazie a fatture gonfiate. Il prossimo 27 aprile l’infanta dovrà quindi comparire davanti ai giudici che hanno già conosciuto suo marito, in due occasioni, davanti alla presenza di decine di giornalisti e telecamere.
Il tentativo del duca di Palma di tener fuori la moglie dall’inchiesta che ha scosso la casa reale non ha funzionato, secondo il pm: Urdangarin si è sempre attribuito ogni responsabilità sul finanziamento illecito dell’Istituto Nóos, insieme al suo ex socio Diego Torres. Ma la figlia del re di Spagna era nel direttivo dell’Istituto, aveva messo il suo segretario e consulente finanziario a disposizione dell’azienda e riceveva svariate mail sulle attività di Nóos, che si era aggiudicato contratti per almeno 6 milioni di euro con il governo delle Baleari e la comunidad valenciana. Soldi pubblici finiti dritti nelle casse dell’associazione nata senza scopo di lucro.
Gli indizi hanno portato a far credere alla giustizia una probabile complicità dell’infanta Cristina in questi affari. Sono state proprio quelle mail, una trentina, portate in tribunale nelle scorse settimane da Diego Torres, a far crollare la difesa di Urdangarin. Nella corrispondenza il marito tiene aggiornata la consorte sugli affari di Nóos, chiede consiglio e cita alcune importanti aziende con le quali ha chiuso dei contratti. Insomma secondo il giudice Castro “tutte le operazioni tenute dall’Istituto Nóos erano conosciute e godevano dell’appoggio della casa di sua Maestà il Re”.
Nel 2011 era stato lo stesso re Juan Carlos ad allontanare pubblicamente il genero dalle attività ufficiali della famiglia reale. E’ rimasto negli annali il discorso di fine anno dove il monarca per la prima volta aveva fatto allusione all’inchiesta che coinvolgeva il genero e quindi la Corona. E aveva dichiarato davanti a tutti gli spagnoli: “Fortunatamente la giustizia è uguale per tutti”. Le stesse parole che il giudice José Castro, ricordando quel discorso natalizio, ha usato nel concludere le 19 pagine di motivazione sulla figlia del re.
Nei giorni scorsi Juan Carlos era stato già al centro di un altro spiacevole evento: il 31 marzo il giornale spagnolo El Mundo pubblicava alcuni documenti relativi al testamento di don Juan de Borbone, il padre di Juan Carlos: 728 milioni di pesetas in tre conti svizzeri, uno a Ginevra e due a Losanna. L’attuale monarca, che ha ereditato 2,3 milioni di euro, continua ad avere i tre conti in terra elvetica, e così molti partiti, tra cui il Psoe, hanno presentato un’interrogazione parlamentare per fare luce sui conti della casa reale, chiedendo al ministro delle Finanze Cristobal Montoro di presentarsi in Parlamento per spiegare se questi soldi siano stati mai dichiarati al Fisco.
Ma a Madrid, dopo la partita di caccia all’elefante in Botswana e gli scandali sulla presunta relazione non solo sentimentale ma anche commerciale con la principessa tedesca Corinna zu Sayn-Wittgenstein, sono in molti ormai a voler entrare nei meandri del palazzo della Zarzuela. Adesso, poi, il coinvolgimento dell’infanta Cristina potrebbe costringere Juan Carlos ad abdicare, affidando le redini della Corona al figlio Felipe. L’unico, per il momento, insieme alla regina Sofia, a godere ancora di una certa stima presso i sudditi iberici.