“Il bello di vivere qua, senti il territorio, lo percepisci, avverti che bisogna muoversi in un certo modo, capire le esigenze del sindaco, dei consiglieri, la festa, cinquemila euro sono minchiate, però tu ti fai un rapporto, crei un rapporto di..”. Forse non c’è migliore affermazione per spiegare, con le sue stesse parole, chi è Vito Nicastri, ‘il re del vento’. Sullo sfondo e mica tanto poi molto sullo sfondo c’è Cosa Nostra. Non quella tradizionale, ma quella mafia diventata impresa, capeggiata da Matteo Messina Denaro.

Mafia e corruzione dentro questa indagine; mafia e impresa, quell’impresa che dialoga presentandosi con le mani pieni di soldi con politici e super burocrati. E Vito Nicastri, 56 anni, ha tutte queste qualità. La capacità, per esempio, di arrivare nel 2010 fin dentro la stanza dell’onorevole Riccardo Savona, all’epoca Udc e relatore della finanziaria regionale, e spingere per l’introduzione di alcune norme a lui favorevoli come ha documentato la Dia di Trapani. In sostanza, allora si trattò di prevedere agevolazioni per la collocazione di impianti fotovoltaici in agricoltura per l’alimentazione delle serre.

In questo caso a sua disposizione, oltre all’onorevole Savona, ci sarebbe stato un ex deputato regionale, il diniano Emanuele Di Betta. Che non rieletto era entrato all’Ars dalla finestra facendo da consulente all’assessore regionale all’Agricoltura, l’onorevole Giovanni Di Mauro, in quota Mpa. Ma è il capitolo mafia a pesare di più nella sua storia. Professione ufficiale sviluppatore (il suo compito era di “vendere” il prodotto eolico), tante erano le aziende che decidevano di rivolgersi a lui, come Siemens, Greetech, Alerion. A Nicastri il compito di mettere in contatto la mafia con le imprese pulite. Va in questo senso l’intercettazione fatta a casa di alcuni mafiosi alcamesi: “Gli dico: Vito fai scendere gli spagnoli qua e gli dici che se non portano un altro milione e mezzo… Ma cazzo! Loro devono sapere, prima di accendere il quadro che costa niente quel quadro non si metterà mai. Loro ci scendono con l’esercito e io la notte gli mando il topo”.

Non solo mafiosi nell’agenda di Vito Nicastri, ma anche le ‘ndrine calabresi, i Nirta di San Luca, i Ciriaco di Africo, i Giampaolo e i Mammoliti di San Luca. La spavalderia di Vito Nicastri però non sembra resistere davanti a tutto e a tutti; e così quando la Dia procedette al sequestro delle aziende e delle sue proprietà, anche lui, pur tanto spavaldo, impallidì. E successivamente, intercettato a commentare quanto fatto in un paio di ore dagli agenti della Dia, disse: “Quand’è così l’avemu no’ culu!”. Più spavalda e arrogante fu semmai la moglie di Vito Nicastri, che un giorno non esitò in un supermercato di Alcamo ad aggredire e a minacciare la moglie del direttore del centro Dia di Trapani, il colonnello Rocco Lo Pane, che indagava sul marito “riducendolo sul lastrico”.

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