L’accusa è gravissima, soprattutto in questo momento di crisi: ieri alcune tra le più potenti compagnie petrolifere sono state accusate dalla procura di Varese di avere rialzato fraudolentemente il prezzo della benzina venduta in Italia.
Oggi il Codacons, da cui era partita la denuncia che ha portato all’inchiesta della Guardia di finanza, “lancia una class action alla quale possono aderire i 34 milioni di automobilisti che negli ultimi cinque anni hanno fatto rifornimento presso i distributori delle compagnie indagate. E sono Shell, Tamoil, Eni, Esso, Total Erg, Kuwait Petroleum (Q8), Api”.
Chi potrà dimostrarlo attraverso ricevute e fatture “può ora costituirsi parte offesa nel procedimento e avviare l’iter per ottenere un risarcimento in quanto soggetti danneggiati da reato – spiega il Codacons – questo perché, una volta dimostrata l’alterazione anomala dei listini e l’esistenza di speculazioni atte a mantenere elevati i prezzi di benzina e gasolio, si potrà chiedere un risarcimento per il danno economico subito”.
Se è difficile che l’automobilista “normale” conservi scontrini o si faccia dare una ricevuta fiscale nelle stazioni di servizio quando paga in contanti, valgono le tracce delle carte di credito, poi ci sono le fatture delle aziende, le carte carburanti di ci usa spesso l’auto: l’iniziativa del Coordinamento per la difesa del consumatore rischia di coinvolgere un numero enorme di italiani. Con un danno enorme per le compagnie coinvolte oltre a quello gravissimo della perdita di immagine. Gli automobilisti, già tartassati da gabelle infinite, aumenti di costi di manutenzione esercizio di quello, l’auto, che quasi sempre è uno strumento indispensabile nella vita di tutti i giorni, scoprono ora che i ricchissimi petrolieri, o chi per loro, ricorrevano, secondo il gip di Varese, a trucchi per aumentare i profitti.
Anche se in Italia non abbiamo ancora l’abitudine, consolidata in altri Paesi, alle azioni legali comuni, in questo caso un coinvolgimento trasversale di tutte le categorie di cittadini, senza distinzione, potrebbe portare a sviluppi clamorosi. Da aggiungere un amore tutto nostro per l’auto, e di conseguenza l’irritazione nel caso in cui si cerchi di truffarci, che ha portato l’Italia ad essere praticamente il primo dei grandi Paesi europeo nel rapporto auto e numero di abitanti, un’auto ogni 1,6 abitanti, più della ricca Germania che viene subito dopo. (In realtà tecnicamente è il secondo, perchè il primo posto spetta al minuscolo Lussemburgo e ai suoi 500mila abitanti, dato trascurabile).
L’inchiesta era nata un anno fa nel periodo in cui gli aumenti alle pompe avevano innescato un’escalation senza fine che non sembrava giustificata in alcun modo rispetto al prezzo del petrolio alla fonte e comparata alla situazione negli altri Paesi dell’Unione europea. Allertato dal Codacons il Gip di Varese e la Guardia di finanza ipotizzano ora i reati di rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, manovre speculative su merci e truffa. Il gip del tribunale di Varese ha disposto il trasferimento degli atti a Roma e Milano, dove sono le sedi legali delle società.
Le compagnie attuavano una serie di manovre speculative, ideate cinicamente proprio per ottenere il risultato, mentre gli automobilisti italiani avvertivano sempre più le drammatiche conseguenze legate alla crisi.
Tecnicamente, come riportavamo ieri, gli accertamenti dei finanzieri hanno consentito di accertare che la causa principale dell’aumento dei prezzi è attribuibile al ruolo rilevante dei fondi di investimento in commodity (materia prime come petrolio, rame, argento, oro) e gli Etf sul petrolio (fondi indicizzati quotati in borsa, in tempo reale, come semplici azioni) che, risultando fortemente influenzati da azioni speculative, da un lato hanno attratto investitori in grado di determinare un aumento del prezzo del petrolio pur restando estranei al suo mercato reale, e dall’altro hanno determinato un intervento speculativo da parte delle compagnie petrolifere attraverso operazioni finanziarie con strumenti di finanza derivata finalizzati al mantenimento di prezzi elevati sui mercati del greggio di loro proprietà ai fini di una definizione conveniente dei prezzi dei carburanti praticati alla pompa.