La società dello spettacolo (titolo originale: La Société du Spectacle) è un saggio del  filosofo Guy Debord, pubblicato per la prima volta nel 1967. Debord fu il “ padre “ del Situazionismo, corrente del maggio francese che usava la creazione di situazioni “surreali” allo scopo di far politica. Debord, con questo libro scritto nel 1967, agli albori dell’era televisiva, ha intuito con lucidità agghiacciante che il mondo reale si sarebbe trasformato in immagini, che lo spettacolo sarebbe diventato “la principale produzione della società attuale”. Siamo entrati nell’epoca dello “spettacolo integrato”: è la fine della storia, “il crimine perfetto, – scrivono Carlo Freccero e Daniela Strumia nella prefazione-  che ha soppresso la realtà“. Non si può comprendere la logica e la strategia dei mass media senza fare riferimento alle tesi rivoluzionari di Debord.

La società dello spettacolo ha vinto. Profetico Guy Debord. Un comico come i  politici prodotti di marketing ci governano creando connivenze con un sistema mediatico in cui tutto è prodotto, tutto è spettacolo, persino noi. Panem et circenses, una formula sperimentata per secoli e trionfante. Siamo tutti ebeti? Sparisci per finta, gioca a nascondino con i media: il segreto per essere sempre in prima pagina e inseguito dai giornalisti. Capito che furbo uomo di spettacolo che è Grillo? Fessi i giornalisti che ci cadono, ma che devono fare? La gente vuole questo: la pornografia dello spettacolo. Spettacolo deriva  dal latino “spectaculum”, la cui origine è  “spectare” ovvero “guardare”, nello spettacolo non siamo attivi ma appunto spettatori: coloro che guardano la messa in scena.

Nel nostro secolo almeno due “profeti” vanno menzionati : Pier Paolo Pasolini e Guy Debord, i primi a denunciare il pericolo della spettacolarizzazione. “Dai primi anni sessanta entrambi si erano accorti che la situazione per le masse andava via via peggiorando per il sempre più invasivo e opprimente potere della televisione. Pasolini in un articolo dal titolo “Acculturazione e acculturazione” pubblicato sul Corriere della Sera del 9 dicembre 1973 (ora contenuto nella raccolta Scritti corsari), arrivò addirittura provocatoriamente a lanciare una sfida ai dirigenti Rai nella promozione della lettura: veri e propri sponsor, non relegati solo ai programmi culturali, ma inseriti nei palinsesti secondo le regole pubblicitarie che impongono di consumare. Da queste affermazioni del poeta emerge l’aspetto “utopico”, se vogliamo idealistico, del suo pensiero. In un tentativo estremo di arginare il “genocidio culturale” o comunque il disastro politico-sociale verso cui ci si stava indirizzando, attraverso forme di rieducazione delle masse mediante la presa di coscienza della propria condizione di sfruttati e inebetiti, derivante dalla lettura dei libri, Pasolini credeva di poter salvare ancora parte del popolo italiano prima che l’omologazione diventasse totale. In una intervista per la Rai degli anni Settanta lo scrittore confessava di non aver compreso il motivo per cui al regime fascista, non era riuscito il completo assoggettamento delle masse attraverso l’appiattimento e la sottomissione totale negli usi e costumi degli italiani: un contadino rimaneva tale e così gli appartenenti alla classe operaia o del sottoproletariato urbano”. 

Ora che siamo diventati tutti spettatori, gli spin doctor, gli uomini di show, il marketing ci governa e Grillo è il migliore: si sottrae creando situazioni surreali, sapendo perfettamente di essere così inseguito dal circolo mediatico che lui stesso aizza. E’ più bravo di Berlusconi nel giocare e gestire i media ma fino a quando?

 

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