L’“Era del rame” è una metanarrazione, che fotografa una generazione a cui è stato tolto tutto, anche la speranza. “Ci hanno soprannominato – continua Esteban – la Generazione Perduta. È come dire: «Poveri ragazzi, per loro non c’è più niente da fare, sono stati una generazione sfortunata. Forza tagliate quel ramo secco!». E quando a dirlo è un capo di governo è triste davvero. Meglio abbandonare velocemente le vecchie illusioni sulle quali costruivamo la nostra felicità, perché queste illusioni non esistono più. Bisogna essere come dei sarti e creare nuovi abiti su misura, adatti a noi. Ecco perché si racconta dell’impresa titanica di fare un film”.
Perché si sceglie la produzione dal basso?
A dire la verità, non ci sono molti vantaggi nel produrre un film in modo indipendente. Le difficoltà sono enormi e la distribuzione un problema quasi insormontabile. Piuttosto si tratta di un modo di (r)esistere indipendentemente dalle difficoltà. A Roma, dove vivo, una persona su 10 cerca di fare un film. Questo vuol dire che ci sono centinaia e centinaia di autori che aspettano la loro occasione. Quanti di questi riusciranno ad accedere al sistema tradizionale di produzione, con finanziamento pubblico e distribuzione? Dopo un lungo periodo e con una dose di buona fortuna e parecchie conoscenze, una piccolissima percentuale di autori e registi ce la faranno. Ma ora li aspetta l’ultima enorme incognita del cinema: la distribuzione. Più di un film è caduto su quell’orizzonte di gloria. Per le produzioni indipendenti tutte queste problematiche esistono comunque e, anzi, vanno calcolate al cubo. Ma siamo noi che gestiamo le redini, scegliamo noi il percorso da fare e siamo noi direttamente a trattare. Riassumendo, è meglio che ogni film, ancora prima di nascere, abbia chiaro un modo di distribuirsi adatto alle proprie caratteristiche.
Perché una persona dovrebbe produrre il tuo film?
Durante questi due anni di lavorazione abbiamo conosciuto di persona tutti i nostri piccoli produttori. Di solito sono tutti entusiasti dell’idea che c’è alla base. Possono scegliere i fotogrammi del film che preferiscono, se vogliono possono anche prendere una sequenza intera o anche un solo fotogramma. Inoltre penso che siano attratti dal fatto di “partecipare” a un film, soprattutto in questo modo insolito. C’è anche un discorso generazionale: Era del Rame infatti intende rappresentare una generazione che ha più familiarità con questo tipo di sistema produttivo.
Il problema resta quello di arrivare a un pubblico. Dove potremo vedere l’ “Era del rame”?
L’industria culturale, come tutta l’industria italiana, naviga in pessime acque. Si riscalda la minestra per paura di rischiare una nuova ricetta che forse non piacerà al pubblico. Allora è più conveniente rifare la 500, la Mini cooper, il maggiolino. La nostalgia ci rassicura. Nel cinema italiano invece si rifà una commedia francese che è andata tanto bene oltralpe e la si adatta all’Italia. Il nostro film ha individuato una soluzione percorribile: cosa succede se coinvolgiamo il pubblico sin dalle prime fasi di produzione? In altre parole cerchiamo persone disposte a finanziare il film con la prevendita del biglietto. In cambio avranno i loro nomi nei titoli e un ingresso gratuito in sala il giorno della prima. Questo biglietto non è altro che una selezione dei fotogrammi del film. Per un piccolo film come il nostro, senza nomi di richiamo, senza pubblicità, senza un circuito distributivo, è la cosa più sensata da fare.