Nuovo ordine del giorno in consiglio comunale a Ravenna voluto dal sindaco Matteucci e dai 5 Stelle: "Rimoduliamo le entrate dell'ad e del Presidente Tommasi di Vignano". Nella pagina Facebook ideata ad hoc dal presidente della Provincia di Rimini: "Non vogliamo che finiscano alla mensa dei poveri ma devono prendere meno di Obama"
La Romagna targata Pd torna a ribellarsi ai compensi da capogiro del Cda di Hera. A distanza di poco meno di un anno dall’assemblea dei soci dell’utility, in cui anche i Comuni romagnoli votarono a favore (c’è il vincolo del patto di sindacato) delle remunerazioni, la polemica torna d’attualità.
Il Consiglio comunale di Ravenna ha sfornato un ordine del giorno, approvato all’unanimità dopo un lungo tira e molla tra due diversi testi di Pd e Lega Nord, che impegna il sindaco Democratico Fabrizio Matteucci a promuovere nelle opportune sedi “una rimodulazione” degli stipendi d’oro di presidente, amministratore delegato e compagnia.
Di fronte ad un’interrogazione del capogruppo 5 Stelle Pietro Vandini che attendeva da mesi una risposta, Matteucci non si è fatto trovare impreparato e ha rilanciato annunciando al più presto la convocazione del tavolo dei sindaci romagnoli (il “patto” tra gli enti pubblici nella spa di cui il sindaco ravennate è presidente) per mettere nero su bianco una mozione ad hoc. “Su una spa partecipata dal pubblico e quotata in borsa bisogna agire con equilibrio, ma bisogna agire anche per una rimodulazione in linea con la crisi nera che stiamo attraversando: in un quadro economico così difficile è necessario uno sforzo di sobrietà da parte di tutti”, precisa Matteucci.
Il Movimento 5 Stelle con Vandini si dice soddisfatto pur assicurando di voler mantenere “il fiato sul collo” del sindaco. Il quale, va detto, non si scopre troppo. Proprio in Consiglio comunale, infatti, il primo cittadino ha svelato che il presidente di Hera spa, Tomaso Tommasi di Vignano, l’anno scorso è stato tentato da un’altra multiutility italiana (“in una città governata da un sindaco del mio partito”) che gli avrebbe proposto un aumento di stipendio pur di averlo tra le propria fila. Dunque, è la ratio di Matteucci, andiamo pur avanti con la sforbiciata ai benefit d’oro ma occhio al rischio “che i nostri dirigenti più validi siano esposti alle sollecitazioni del mercato con incarichi maggiormente remunerativi”.
Ma quanto guadagnano questi manager? Troppo, almeno secondo il presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali, che oggi offre (come il sindaco di Cesena Paolo Lucchi) il suo appoggio a Matteucci ma già un anno fa aveva creato una pagina Facebook – che aveva irritato non poco i dirigenti di Hera- ribattezzata “devono prendere meno di Barack Obama”. In effetti, se il presidente degli Stati Uniti si porta a casa meno di 300 mila euro all’anno, i manager dell’utility bolognese vanno ben oltre. Spulciando tra gli stipendi del 2011, spicca che Tommasi di Vignano ha percepito 350 mila euro di compenso fisso, 117 mila euro alla voce “bonus e altri incentivi”, 6 mila euro di “benefici non monetari” e 2 mila alla voce “altri compensi”: in totale 475 mila euro. L’amministratore delegato Maurizio Chiarini ha oltrepassato di 18 mila euro il mezzo milione di euro. Per entrambi, a conti fatti, si superano i 40 mila euro al mese. I 18 consiglieri di Hera, ancora secondo i numeri del 2011, sono costati invece 2,3 milioni di euro complessivamente.
Urge una svolta, sbottano i romagnoli. E chissà che questa non sia la volta buona, almeno per mandare un segnale. In realtà, già nel 2012 Lucchi così come i colleghi Pd Roberto Balzani (Forlì) e Andrea Gnassi (Rimini) avevano scritto a Tommasi di Vignano per sollecitare il problema. Gli esiti li riepiloga oggi Vitali su Facebook: “Nonostante le iniziative più o meno spettacolari, nonostante le comunicazioni ufficiali, non mi pare che si sia mosso granché a livello bolognese. Il copione è sempre quello: polemica per qualche giorno, poi tattico silenzio per molti mesi”. Insomma, sintetizza il presidente riminese, resta in atto una “strategia di difesa che, alla prova dei fatti, sta funzionando bene, narcotizzando le rimostranze della pubblica opinione e la perplessità degli amministratori come me. Ribadisco, nessuno vuole i dirigenti Hera alla mensa dei poveri ma semplicemente ‘devono prendere meno di Obama’. Ma, ripeto, è il silenzio l’alleato numero uno di chi vuole che tutto rimanga così com’è”.