Dal 9 al 14 aprile gli eventi di Salone e Fuorisalone coinvolgeranno tutta la città: dalla “tradizionale” Zona Tortona (un po’ in crisi di identità) alle più recenti Brera District e Ventura-Lambrate (più innovativo) passando per i dintorni di Porta Venezia fino a Sesto San Giovanni con l’Archivio Giovanni Sacchi. Ecco una guida agli appuntamenti più interessanti
Salone del mobile e Fuorisalone, che iniziano il 9 aprile a Milano, costituiscono una straordinaria occasione, ormai riconosciuta a livello mondiale, di aggiornamento sullo stato dell’arte del design, della ricerca e della produzione, non solo nell’arredo ma anche di altri settori. Forniscono inoltre la possibilità unica di cercar di intendere le direzioni contemporanee di economia, imprese, consumi e società.
Interesse e necessità informativo-comunicative nel tempo hanno portato ad affiancare alla manifestazione commerciale in Fiera la gran quantità di iniziative del Fuorisalone.
L’intera città ne rimane coinvolta; a fianco della “tradizionale” Zona Tortona (un po’ in crisi di identità) e le più recenti Brera District e Ventura-Lambrate (oggi la più interessante per contenuto di innovazione, internazionalizzazione e qualità) sono presenti altre aree di riferimento: dai dintorni di Porta Venezia alle zone attorno al Museo della Scienza e tecnica (dove si tiene “Most“ cresciuta attorno alla presenza di Tom Dixon), fino ai confini della città a Sesto San Giovanni dove l’Archivio Giovanni Sacchi apre i suoi spazi a giovani progettisti e a molte attività.
Il Fuorisalone si è sviluppato per mostrare le ricerche più innovative, “fuori” appunto dalle normali logiche commerciali (per questo scopo è nato anche il “Salone satellite” in Fiera dedicato ai giovani). Dopo anni un po’ confusi, a prevalenza festaiola e da “evento ad ogni costo”, si è tornati ad una maggior qualità e a proposte anche riflessive. Alle mostre allora si sono accostati incontri e dibattiti, perché le mutate condizioni economiche, sociali e culturali richiedono un rinnovato impegno di analisi e studio.
Non è casuale allora la riproposta, non puramente superficiale e agiografica ma studiata, della lezione di architetti e designer “storici”. In Triennale è allestita un’esposizione su Henry Van de Velde e una su Gae Aulenti, che affiancano la nuova mostra del Design Museum “La sindrome dell’influenza”, curata da Pierluigi Nicolin, la cui parte più vitale è quella che mette a confronto alcuni “maestri” con designer contemporanei (Blumer-Zanuso e Ulian–Magistretti le interpretazioni più avvincenti). Marco Zanuso, esemplare interprete di tecnologia e dialogo con imprese, è presentato all’Ordine degli architetti e Angelo Mangiarotti alla galleria Sozzani.
In chiave di contributo a progetto e pensiero, importanti architetti sono stati coinvolti dal mondo del fashion, sempre più vicino per sensibilità alle forme più contemporanee della cultura del design: alla Fondazione Prada Rem Koolhaas espone gli arredi per Knoll; Herzog e De Meuron la nuova libreria Feltrinelli di Porta Volta e David Chipperfield gli show room in tutto il mondo per Valentino (Casabella Laboratorio).
A Jean Nouvel è stata affidata in Fiera una riflessione sull’evoluzione del mondo dell’ufficio “da abitare”.
In attesa di poter conoscere con più precisione come si stanno muovendo le aziende, ancora molto segnate dalla lunga crisi – chi ne esce meglio sono naturalmente quelle che non sono rimaste a guardare, ma hanno investito in organizzazione, ad esempio per muoversi sui mercati internazionali, o ricerca e sviluppo di prodotto e servizio – attira interesse quel vasto fenomeno etichettato, non senza equivoci, come autoproduzione.
La possibilità cioè di un nuovo modello di progettazione, produzione e distribuzione, in qualche modo alternativo (o integrativo) a quello dominante in sostanza “marketing oriented”, basato invece sul recupero della esecuzione artigianale, della piccola serie, di differenti possibilità di vendita. Si tratta in verità di modalità sempre esistite e la novità consiste piuttosto nella opportunità che queste si coniughino con le nuove tecnologie e i nuovi media, esplorando ipotesi di progetto, produzione e consumo sostenibili e custom, su misura per le nicchie di mercato di nuovi fruitori. “Makers”, ha etichettato questa tendenza Chris Anderson, un tempo direttore di Wired, teorico della “massa dei mercati” piuttosto che del mercato di massa, e ora profeta degli autoproduttori. In questa direzione meritano attenzione, fra gli altri, “Milano Makers” (Fabbrica del Vapore), “Interno italiano“ con gli artigiani di Giulio Iachetti, Subalterno 1 e (In)Visible Design, 100 storie dal futuro e oltre (entrambi in zona Ventura-Lambrate).