I clan avevano scelto San Marino per ripulire il denaro proveniente delle operazioni illecite attraverso la solita rete di insospettabili: imprenditori, ma anche un notaio. Il meccanismo era rodato e funzionava attraverso una serie di operazioni finanziarie con società di capitali come la Fincapital Spa, destinataria di ingenti capitali sporchi. La lavatrice ‘San Marino’ consentiva così di riutilizzare i soldi ripuliti.
Al centro delle attività degli esponenti dei clan investimenti immobiliari, ma anche spaccio di stupefacenti. Sono finiti in manette 24 persone affiliate al clan dei Casalesi, ma anche esponenti del clan Mariniello di Acerra, comune in provincia di Napoli. I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al riciclaggio, al porto illegale di armi con l’aggravante di aver favorito i clan. L’operazione Titano, eseguita dai carabinieri di Caserta, nucleo investigativo, su ordine della Procura di Napoli, pm Cesare Sirignano, Giovanni Conzo, Antonello Ardituro, coordinati dall’aggiunto Federico Cafiero De Raho, ha portato al sequestro di beni per due milioni di euro. Sotto sigillo anche una Ferrari, modello Scaglietti, e immobili in costruzione in provincia di Pesaro. I clan avevano deciso di investire denaro in una società finanziaria e quando è andata in crisi, i boss per non perdere il denaro, si sono fatti ‘donare’ la Ferrari sequestrata.
Per la prima volta il rampollo Carmine Schiavone, figlio del boss Francesco Sandokan, è stato raggiunto in carcere da ordinanza di arresto per associazione mafiosa. Oltre San Marino, l’obiettivo era creare una struttura satellite per affari in loco anche in Emilia Romagna e nelle Marche. Gli uomini che curavano per conto dei Casalesi l’operazione di reinvestimento, in Emilia Romagna e nelle Marche, sarebbero stati Francesco Vallefuoco e Francesco Agostinelli, finiti in manette. I due mettevano a disposizione la conoscenza del territorio, impegnati in attività legali, ma anche nelle estorsioni a imprenditori del posto e nello spaccio di stupefacent provenienti dall’Albania.
Vallefuoco si occupava anche i curare i rapporti con i Mariniello di Acerra e degli investimenti nelle Marche e a San Marino; Agostinelli era, invece, l’uomo degli Schiavone. Per sfuggire ai sequestri i clan si affidavano ad una rete di prestanome, ai quali venivano intestate fittiziamente le aziende. Un buon ritrovo era il bar ‘Tintarella’ a Riccione di Guido Montebelli, anche lui finito in carcere. Gli arrestati sono per metà originari campani, 10, invece, originari della rossa Emilia dove la camorra ha, ormai, radici autoctone.