Cosa accomuna Bersani a Grillo? Secondo me due questioni essenziali, due problemi di fondo e due errori speculari. Al Partito democratico è richiesto non solo di governare ma di offrire al Paese un segnale chiaro di cambiamento. Le urne infatti hanno clamorosamente bocciato la proposta di Pierluigi Bersani di un governo votato a un’alleanza strategica con la formazione centrista di Mario Monti. Era l’asse privilegiato, la prospettiva per l’Italia. Bocciata clamorosamente. Al Movimento 5 Stelle le richieste sono andate aumentando man mano che la figura e le proposte di Beppe Grillo mettevano radici. Da movimento di protesta, luogo eletto del non voto e sede legittima per contestare la lunga stagione di malgoverno e di collusione tra la destra e la sinistra, si è aggiunta la decisione di una intera fascia di elettori tradizionalmente di sinistra (almeno tre milioni sugli oltre otto che Grillo ha preso) di affidare al movimento una domanda di cambiamento concreta e rapida.
Sia Bersani che Grillo si sono trovati impreparati. Il primo nettamente sorpreso dalla sconfitta ha rivoluzionato la sua agenda e la sua strategia: abbandonato Monti ha scelto di parlare a Grillo senza indugio. Scelta opportuna ma inadeguata e primo errore capitale: Bersani avrebbe dovuto ammettere la sua personale sconfitta politica e indicare chi, anche nel suo partito, meglio di lui avrebbe potuto avanzare ai 5 Stelle una proposta di governo. Grillo – all’opposto – è sempre parso fiducioso sull’esito del voto, e infatti ha sempre parlato di tsunami in arrivo. Ma aveva previsto, sbagliando, che la mole di consensi lo avrebbe condotto di diritto all’opposizione. Non si aspettava, e si è visto, il default complessivo e coincidente dei concorrenti.
Né Bersani né Grillo hanno scelto di comprendere il messaggio delle urne. Il primo non si è fatto da parte, il secondo ha insistito affinché nessuna responsabilità di governo potesse toccargli richiamando la sua campagna elettorale e di fatto espellendo i voti di chi cercava nel M5S una forza che agevolasse il cambiamento divenendone partner importante ma non esclusivo. Grillo ha detto: chi pensava che avremmo fatto accordi col Pd ha sbagliato a votarci. Quale è oggi l’effetto lo vediamo tutti. Un pantano istituzionale e la rievocazione di ciò che la stragrande maggioranza di elettori italiani (oltre il 60 per cento) hanno chiesto e deliberato: non far andare mai più Berlusconi al governo.
Cosa accadrà domani? E’ più probabile di ieri che quella richiesta venga disattesa. Ogni cosa spinge perché un governo si faccia, e i fatti, più che le opzioni politiche, contribuiranno alla formazione di un governo di larghe intese, sebbene miscelato, occultato, ridefinito attraverso altre e più commestibili locuzioni. Sarà un danno per l’Italia, di cui tutti coloro che reputano il mondo e la ricetta berlusconiana così lontana e ostile al loro senso della vita, dei meriti e dei bisogni, intesteranno la colpa a chi quel patto invece, nel nome di un opposto bisogno (un governo bisogna pur farlo) lo siglerà. Quel patto ha un costo e si chiama Quirinale. Diremo al Pd: la pagherai. E infatti pagherà caro quel partito il prezzo. Si dividerà, io temo. Ma pagherà anche Beppe Grillo. I voti che ha preso forse non li rivedrà più. Quella mole di consensi che provengono da sinistra si ridistribuiranno altrove. Magari è proprio questo l’obiettivo: perdere peso per avere una pattuglia più fedele e un luogo sicuro su cui giocare le sue fiches: l’opposizione. Io penso però che prima della tattica venga la reputazione, la credibilità di un gruppo politico. E temo che per anni si dirà loro: avevate la possibilità di favorire il cambiamento e vi siete ritratti. Sarà l’accusa più crudele e più drammatica nell’agonia che verrà.
Ps. Cari amici, questo mio giudizio intendo naturalmente condividerlo e dibatterlo con voi altrimenti non l’avrei postato quassù. Avrei piacere che qualunque fosse, il pensiero di ciascuno venisse espresso secondo una basilare clausola di stile. Evitiamo le male parole, gli sfottò, le repliche tra i commentatori. Ho chiesto conto delle lamentele che continuamente vengono fatte anche a me circa la soppressione di commenti. Non vengono pubblicati solo quei giudizi che rasentano la diffamazione, che sono gratuiti e gravemente lesivi, o dichiaratamente cafoni. Questo non ci libera da errori tecnici, perché il sistema non è perfetto e a volte può accadere che cancelli quel che non deve. Ma non c’è altro motivo, né mai vi potrebbe esserlo. Sono da poco in questo giornale ma testimonio la più ampia, diffusa, quotidiana pratica liberale: ciascuno scrive le proprie opinioni. Del resto, scorrendo i blog, avrete documentato l’innumerevole quantità di punti di vista, a volte dichiaratamente (e fortunatamente) lontani da un inesistente pensiero unico. Grazie dell’attenzione.