Tra gli imputati che andranno a giudizio il 6 febbraio 2014, quasi 30 baristi, un appartenente alla Guardia di Finanza, tecnici informatici, imprenditori e i tre capi della organizzazione dedita, secondo l'accusa, alla manomissione delle macchinette presenti nei bar e nei circoli privati di tutta Italia
Sarà il primo maxi-processo in Italia contro il fenomeno delle slot machine truccate. Il giudice per le udienze preliminari di Bologna Andrea Santucci ha infatti rinviato a giudizio 37 persone con diverse accuse che vanno da quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata all’erario, all’accesso abusivo informatico, dalla violazione di sigilli alla corruzione. Tra gli imputati che andranno a giudizio il 6 febbraio 2014, quasi 30 baristi, un appartenente alla Guardia di Finanza, tecnici informatici, imprenditori e i tre capi della organizzazione dedita, secondo l’accusa, alla manomissione delle macchinette presenti nei bar e nei circoli privati di tutta Italia. I tre sono Maurizio Maselli, 66 anni, il figlio Gianluca di 34 anni e un loro amico, Gino Corticelli, 54 anni, tutti e tre bolognesi. I Maselli vennero indagati in un’altra inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna in quanto fornitori di slot machine e video-poker a persone affiliate al clan dei Casalesi che gestivano alcuni locali nel modenese. Tuttavia per i due non sono mai stati provati legami o affiliazioni alla camorra.
Nel corso della stessa udienza che si è tenuta lunedì mattina, il giudice Santucci ha condannato con rito abbreviato tre baristi. Per loro il magistrato ha deciso una pena di un anno di reclusione (con pena sospesa) e una multa di 600 euro. Un altro barista ha invece patteggiato. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore della Dda Marco Mescolini, era partita nel 2008 ed era stata la prima a occuparsi di gioco d’azzardo elettronico in misura così ampia.
Il primo sussulto di questa indagine si ebbe nel novembre 2009 con l’operazione denominata Asso di cuori, quando la Guardia di Finanza di Bologna effettuò 10 arresti e decine di perquisizioni. Nel complesso oltre 30 gestori di locali finirono nelle maglie delle Fiamme gialle fra le province di Bologna (circa una ventina), Modena e Ferrara. Ma i blitz riguardarono allora anche il Veneto, la Lombardia e la Sicilia. Si trattò di una vera e propria operazione nazionale. Furono sequestrati 152 apparecchi, 38 cambiamonete e anche una pistola.
La truffa allo Stato con una evasione presunta di milioni di euro avveniva in due modi. Uno consisteva nell’alterare le macchine da gioco (da qui anche l’accusa per alcuni imputati di violazione dei sigilli) trasformando semplici videogiochi in slot machine con l’inserimento di una doppia scheda, in modo tale che il gestore dell’apparecchio, con un telecomando, potesse azionare il cambio di funzione. Una frode informatica grazie alla quale, quando l’apparecchio funzionava come slot, era completamente sottratta al controllo del Monopolio di stato. L’altro sistema consisteva nella manomissione delle macchine da gioco d’azzardo per falsificare il flusso dei dati con il Monopolio di Stato che le controlla. Così risultavano importi minori e si pagavano meno tasse.
Inoltre secondo il pm, la banda poteva dormire sonni tranquilli. Quando erano in vista controlli e ispezioni, infatti, un finanziere allora in servizio alla tenenza di Vignola, in provincia di Modena, avvisava per tempo i membri dell’organizzazione che avevano così il tempo di prepararsi.
Peraltro il nome di Maurizio Maselli, il presunto capo dell’organizzazione rinviata a giudizio, torna anche nelle carte di un’altra inchiesta più recente che ha visto l’arresto del boss della ‘ndrangheta Nicola ‘Rocco’ Femia, lo stesso che in una intercettazione parlava di eliminare il giornalista Giovanni Tizian. Altre intercettazioni della Guardia di Finanza hanno infatti documentato dei contatti telefonici diretti tra Maselli (che non è indagato in quell’inchiesta) e lo stesso Femia. Si tratta di una conversazione risalente a fine 2010, in cui Maselli avvisava Rocco Femia di un’ispezione della Guardia di finanza che era in corso in un locale a Pieve di Cento, in provincia di Bologna.