Immaginate Parigi, New York oppure Londra da giovedì prossimo, incapaci, di trovare un posto dove portare mille tonnellate di rifiuti al giorno. Incapaci di trovare una soluzione elemosinando, cercando, chiedendo ad altre città, impianti disponibili e ospitalità per la ‘monnezza’ prodotta. E immaginate il silenzio intorno a questa immane tragedia di gestione politica, di responsabilità collettiva, di governo dei processi. Non sarebbe possibile altrove, ma in Italia sì.
Ovviamente nessuna delle città citate vive questo dramma. La capitale del paese, membro del G8, che sprofonda in questa crisi è Roma. Malagrotta, la mega discarica che da decenni ingoia i rifiuti della capitale, tra 48 ore non potrà più ricevere rifiuti non trattati. Fino ad oggi, infatti, nel menefreghismo generale, la capitale ha portato pattume tal quale, il sacchetto direttamente in discarica. Una pratica che ci costa una procedura di infrazione degli organismi europei e il rischio di una multa da mezzo milione di euro al giorno. Tra due giorni l’incivile pratica (a meno di colpi di coda) verrà abbandonata, ma non c’è posto per la spazzatura. Il tal quale non può essere portato fuori regione, trattasi di rifiuto urbano e, quindi, i viaggi della spazzatura necessitano di accordi preventivi tra le regioni.
Sono ore intense per l’azienda pubblica Ama per cercare impianti e città disponibili ad accogliere il pattume capitolino e modalità per il trasferimento dei rifiuti. Gli impianti che servono Roma e separano la frazione secco-umido non funzionano a regime così come la raccolta differenziata è ferma poco sotto il 30%, la legge prevedeva il 65% entro la fine dello scorso anno. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha cambiato amministratori delegati con risultati pessimi, aumentano solo i costi per i cittadini. Manca ancora un dettaglio perché il quadro sia da commedia all’italiana. Non bastava una pubblica amministrazione inadeguata, si è pensato bene di affidare, in questi anni, un ruolo anche ad un commissario che aveva il compito di trovare una discarica per il post-Malagrotta. Tentativo fallito prima dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e poi dall’attuale commissario Goffredo Sottile, nominato dal governo dei professori.
Sottile ha puntato sulla cava di Monti dell’Ortaccio come nuova discarica, a poche centinaia di metri da Malagrotta, ipotesi ora congelata. La commissione parlamentare sulle ecomafie, nella passata legislatura, aveva descritto così il lavoro di Sottile in Calabria dove, per due anni, era stato commissario all’emergenza pattume: “Nel corso della sua audizione Sottile ha rivelato in modo drammatico tutta l’incapacità del suo ufficio ad affrontare l’emergenza rifiuti in Calabria”. In attesa di conoscere costi e utilità di questa nuova esperienza commissariale si cercano regioni e impianti disponibili mentre il monopolista Manlio Cerroni, proprietario di Malagrotta, è all’opera per completare la costruzione di un tritovagliatore capace di trattare anche queste mille tonnellate. Quando ho chiesto a Goffredo Sottile, perché ogni impianto viene costruito dal privato e non dal soggetto pubblico, il commissario ha risposto: “ Giusta osservazione, vogliamo farlo e io lei un impianto?”.
Più di un anno fa in un libro pensai di provocare scegliendo un titolo sulla questione rifiuti “Roma come Napoli”. Un parallelo che correva lungo tre direttrici: il saccheggio di risorse pubbliche con derive clientelari, le logiche commissariali come sospensione di leggi e democrazia, l’assenza di risultati e modelli virtuosi di gestione. In realtà mi sbagliavo Roma è peggio di Napoli. Una capitale che cerca ospitalità per i suoi rifiuti è specchio di un paese senza guida che cola a picco.