Dopo le trattative sfumate con l'egiziano Naguib Sawiris, potrebbe arrivare un'offerta da Li Ka-Shing. Il numero uno di Hutchison Whampoa, società cui fa capo 3Italia, sarebbe disposto a salire al 29,9 per cento della compagnia telefonica
Dalle Piramidi alla Muraglia Cinese passando per la Plaza Major. Franco Bernabé spazia in lungo e in largo in giro per il mondo alla ricerca di un nuovo socio per Telecom Italia. E dopo le trattative sfumate con il magnate copto, Naguib Sawiris, tira fuori dal cilindro una nuova offerta da parte di Hutchison Whampoa, società cui fa capo in Italia il marchio 3Italia e che è un piccolo tassello nell’impero del miliardario cinese Li Ka-Shing. Secondo quanto riferito da Il Messaggero, l’uomo più ricco d’Asia è disponibile ad una operazione carta contro carta: in altre parole, nell’operazione conferisce la proprietà di 3Italia ottenendone in cambio delle azioni ad un prezzo da concordare.
In più, l’advisor di Li Ka-Shing, la banca statunitense Goldman Sachs, che ben conosce Telecom per aver partecipato agli affari delle privatizzazioni degli anni ’90, ha anche fatto trapelare che i cinesi sarebbero disposti a comprare un pacchetto di titoli fino a raggiungere la maggioranza relativa del 29,9 per cento. Non oltre, perché altrimenti scatterebbe una costosa offerta pubblica di acquistio che evidentemente non è nelle intenzioni di Pechino, benchè invece sia nelle speranze del mercato e dei piccoli risparmiatori che hanno investito in Telecom.
La proposta di acquisto non superebbe comunque il valore di 1,2 euro per azione. Un punto non da poco perché i soci di Telco (Intesa e Mediobanca, Generali e Telefonica), la holding che con una partecipazione del 22,447%, controlla Telecom, hanno iscritte in bilancio le azioni del gruppo guidato da Bernabé allo stesso prezzo, che è comunque quasi il doppio degli attuali valori di mercato della società. Non solo: gli spagnoli di Telefonica, entrati tempo fa nel capitale di Telecom Italia con l’intenzione di crescere, hanno già fatto sapere da Madrid di considerare l’investimento italiano come strategico. Quanto meno per difendere i propri interessi in America Latina dove lo sbarco di un grande gruppo come Hutchison Whampoa si tradurrebbe in una agguerrita concorrenza su uno dei mercati più floridi di Telefonica.
Dell’intera faccenda discuterà il consiglio di amministrazione giovedì prossimo. Un incontro che si prospetta effervescente anche perché sull’offerta cinese Bernabé si gioca anche la poltrona. I soci di Telco non hanno apprezzato la decisione di dimezzare i dividendi e vorrebbero un cambio ai vertici. Uno scenario, quest’ultimo, che riporterebbe indietro il tempo fino al lontano 1998 tentò di osteggiare l’Offerta di pubblico acquisto, a debito, lanciata da Roberto Colaninno su Telecom. Il manager era contrario e così provò la carta della fusione con la tedesca Deutsche Telekom. Lo statagemma delle nozze non funzionò e Bernabé diede le dimissioni. Di tempo da allora ne è passato. Ma la situazione attuale non è diversa. Solo che stavolta i soldi non ci sono più. E rimasta però la rete. Quella su cui il Governo, in base alla legge 56 del primo maggio 2012, ha l’ultima parola con “potere di veto avverso qualsiasi delibera, atto o operazione, adottata a una società che detiene uno o più degli attivi individuati”.
Aggiornato da redazione web il 10 aprile 2013 alle 18.19