E’ la “mafia borghese” quella che è stata colpita con il sequestro: gli imprenditori Morici, Francesco e Vincenzo, per gli investigatori e per i giudici, “rappresentano la figura che ha rivoluzionato i contorni classici dell’affiliato, soggetti capaci di imporre vincoli e collusioni a prescindere dalla classica affiliazione, il rito della “punciuta” non esiste più”. Nonostante questo l’aggressione alle istituzioni pubbliche da loro condotta non è stata meno devastante di quella condotta direttamente dai mafiosi. Anche perché a Trapani controllare gli appalti significa controllare il consenso elettorale. Non per niente dalle loro telefonate e dai loro colloqui saltano fuori contatti, veri o presunti, con decine di politici.
Ciccio Morici è stato intercettato mentre discute, con Tommaso Coppola, un imprenditore di Val d’Erice oggi condannato a 6 anni, del ruolo dell’ex sottosegretario agli Interni, Antonio D’Alì, dell’attuale sindaco di Valderice, Camillo Iovino, (ancora in carica nonostante una condanna per favoreggiamento), dell’ex governatore Totò Cuffaro e dell’ex deputato regionale, Bartolo Pellegrino. “Parlagliene al senatore – si sente dire a Coppola rivolto a Morici – lì cosa si può fare… se c’è possibilità”. E che con D’Alì gli imprenditori fossero soliti ragionare di argomenti delicati lo si capisce, secondo gli investigatori, da altre considerazioni.
All’epoca dell’indagine D’Alì è ancora sottosegretario e si muove con la scorta. Morici osserva: “Mi sembra brutto… quando non c’era questa scorta… ora che è con la scorta mi annoia”. Sull’ex deputato Pellegrino (assolto dal reato di concorso esterno e dichiarato prescritto per un episodio di corruzione) il tenore dei discorsi però cambia. Nei suoi confronti già all’epoca c’è molta sfiducia: “Quando andiamo da lui e lui ci prende in giro basta… non può essere più lui a garantire per noi… ha mancato diverse volte di rispetto nei nostri confronti”. E l’alternativa Pellegrino nelle chiacchierate dei due imprenditori diventa così subito l’allora governatore Totò Cuffaro, considerato raggiungibile visto che il fratello proprio a Erice aveva un incarico nell’amministrazione ericina dell’allora sindaco di Forza Italia, Ignazio Sanges.
In altre vecchie telefonate, Morici sostiene di essere in attesa del concretizzarsi di una “promessa” del senatore D’Alì per i lavori da effettuare nel Porto di Trapani: “…gli hanno assegnato un pò di soldi… qua ne ho un’altra… quella che il Senatore mi ha promesso che me la faceva passare… quella di 20, 30 miliardi… questa… la convenzione… questa per la cosa del porto”. E a un altro imprenditore dice: “Per il rapporto che mio padre ha con il senatore D’Alì puoi stare certo che l’appalto sarà aggiudicato a noi”.
Coppola conosceva bene i “segreti” di Francesco Morici e durante un colloquio in carcere col nipote è stato ascoltato dire: “Io l’ho salvaguardato – diceva al nipote – digli che io mi sto facendo il carcere anche per lui”.
COMUNICATO STAMPA DEI LEGALI DEL SENATORE ANTONINO D’ALI’
“L’estraneità del Sen. Antonino D’Alì dalla vicenda giudiziaria che ha portato all’odierno sequestro nei confronti degli imprenditori Morici, è attestata dagli atti processuali al vaglio del GIP del Tribunale di Palermo». Lo affermano gli avvocati Gino Bosco e Stefano Pellegrino legali del sen. Antonio d’Alì. «Invero – continuano – nell’ambito del suddetto procedimento, sono state svolte incisive ed efficaci indagini difensive, attinenti anche alle procedure di aggiudicazione degli appalti nel porto di Trapani, che escludono in maniera categorica qualsiasi coinvolgimento o cointeressenza del Senatore in dette aggiudicazioni. Fra le tante, testimonianze autorevoli come quelle dell’allora Prefetto Giovanni Finazzo, dell’allora Sindaco Girolamo Fazio e dell’Ing. Gian Francesco De Luca. Detta estraneità, per altro, risulta confermata anche da talune testimonianze assunte dal PM”.