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Trapani, Linares: “I mafiosi parlavano di trasferire prefetti e magistrati”

Intervista al dirigente dell'anticrimine che ha coordinato l'inchiesta sul sistema di mafia e corruzione intorno agli appalti per le grandi opere della città siciliana. Un sistema "costituito nei primi anni 2000", con nomi insospettabili e agganci nella politica
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“Questa operazione è la radiografia più recente della mafia capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro” . A parlare in questa maniera è il primo dirigente di Polizia Giuseppe Linares a capo da qualche anno della divisione anticrimine dopo essere stato per quasi 15 anni dirigente della Squadra Mobile di Trapani. “E’ una mafia che accoglie soggetti pressoché incensurati, anche se i Morici risultano citati in indagini dell’ultimo decennio”. Un sistema imprenditoriale bene organizzato: “Si tratta di imprenditori per così dire insospettabili, sicuramente incensurati, che trovavano il modo di consorziarsi tra di loro e di cercare l’avallo di Cosa nostra e di Matteo Messina Denaro”.

Queste imprese si raccordavano con quei capi mandamento che “intercettati auspicavano il trasferimento di prefetti, questori, dirigenti di polizia, magistrati, investigatori”. Parlavano come se fossero certi che nella politica ci fosse qualcuno pronto a fare loro da sponda.

C’è un periodo preciso in cui questo cartello di imprese si è costituito? “Quello di cui facevano parte i Morici è un cartello di imprese – risponde Linares – che è stato costituito nei primi anni del 2000 nella prospettiva di una serie di grandi appalti che in effetti di lì a poco vennero banditi. In particolare veniva sostenuta da queste imprese presso le amministrazioni pubbliche la logica degli appalti concorso, che prevedono l’affidamento dei lavori a imprese con determinate caratteristiche tecniche. In alcuni casi il cartello è risultato in grado di suggerire questi requisiti, in altre occasioni a conoscerli in anticipo”.

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