“Io apro le porte delle chiese ai fedeli. Non gliele chiudo in faccia”. Con queste parole dure come la pietra il parroco napoletano don Franco Rapulino ha violato il divieto e ha celebrato domenica scorsa la messa nell’antica chiesa cinquecentesca di Santa Maria delle Neve, quella cara ai pescatori. Era stata dichiarata inagibile visto che dista appena un centinaio di metri dal palazzo che si è “accasciato” inerme il mese scorso alla Riviera di Chiaia. C’erano solo una cinquantina di fedeli, ma il messaggio era forte. Quello di un tentato ritorno alla normalità. “È come dire messa a porte chiuse, come cristiani nelle catacombe – scherzava dal pulpito Don Franco – Se va male, portatemi le arance…”.
Occhi senza lacrime davanti al palazzo sbudellato. Un tappetto penzolante dalle macerie dell’ultimo piano (sì, proprio quello sotto la piscina abusiva), quadri ancora appesi alle pareti, sono i frammenti di una quotidianità interrotta all’improvviso. I detriti non sono ancora stati rimossi (del tutto) e i curiosi scattano foto con i loro iphone come se fosse un monumento da Grand Tour. Sì, l’ultima lapide al degrado.
Con quella dose di fatalismo che fa la differenza fra chi si piange addosso e chi “guarda oltre”, Maurizio della Morte, che da queste parti chiamano il costruttore gentiluomo, uffici al primo piano del palazzo “ferito a morte”, non impreca, non se la prende con la cattiva amministrazione: “Hanno detto che entro la fine del mese potrò riaprire l’ufficio”. Ed è fiducioso. Ma è il solo.
Il malessere di un’intera città lo esprime invece Rita Sarno nella lettera nella quale si firma “prigioniera della Ztl“. Ho ritenuto doveroso darle voce.
“Questa mia è una protesta scaturita dall’assurda situazione che si è creata nel mio quartiere per la superficialità e la megalomania di un sindaco che ho votato e che oggi mi ritrovo amaramente e con rabbia a detestare. Rabbia per la Riviera di Chiaia, una delle più belle strade del mondo, ridotta a un cumulo di macerie dopo il crollo avvenuto il 4 Marzo. Rabbia perché il comune conosceva il pericolo e non ha fatto nulla. Rabbia per un palazzo lasciato sventrato alla mercé degli sguardi dei passanti come una violenza. Rabbia perché i 400 sfollati dei palazzi vicini a quello crollato sono stati costretti ad allontanarsi in attesa di controlli di sicurezza che a tutt’oggi non avvengono. Rabbia nel vederli tutte le mattina ai limiti della zona di sicurezza attendere con le loro borse della spesa che i vigili li accompagnino nelle case per recuperare beni di prima necessità, oppure seduti sui muretti a guardare il loro quartiere e le loro certezze sgretolarsi come il palazzo. Rabbia perché la messa in sicurezza dei palazzi e dei negozi è lentissima poiché si preferisce dare precedenza e attenzione alla Coppa America che oltretutto sta creando gravi problemi di viabilità ai noi cittadini. Rabbia perché passo tutte le mattine guardando quei balconi chiusi, piante abbandonate, negozi serrati, e mi si stringe il cuore.
Provo rammarico e delusione per aver creduto in un uomo che definirei soltanto il “Sindaco dell’apparire”. A noi della Coppa America non importa niente. A noi abitanti e commercianti della Riviera non porterà indotto. Quale indotto economico può arrivare da una manifestazione indirizzata solo a un pubblico privilegiato ed elitario? Intanto mia madre anziana deve fare ogni giorno chilometri a piedi per andare a comprare uno sfilatino di pane. Cosa altro dobbiamo subire prima di poter ritornare ‘liberi’ in casa nostra? Non basta che il vento cambi direzione”.
P.S. Nel momento in cui scrivo è iniziato il corteo di protesta che arriverà fino a Palazzo San Giacomo per consegnare simbolicamente le chiavi delle proprie attività al sindaco. Negozi, bar e uffici chiusi, sfilano commercianti, professionisti e cittadini, contro la ZTL, abusivismo e illegalità, degrado urbano e sicurezza.