Carolina Reporter

Durante la riunione di redazione del notiziario per la facolta’ di giornalismo dell‘Universita’ della Carolina del Sud, a Columbia, i futuri cronisti discutono che cosa mettere nel giornale d’istituto e nel palinsesto del notiziario per la giornata. Oltre ad alcune storie locali e a qualche notizia di rilievo nazionale, si passano a rassegna le principali notizie importanti dal mondo. L’intento e’ di reinterpretarle in chiave locale per l’interesse della comunità. Il redattore arriva alla Corea del Nord. Un breve silenzio e nessuna reazione entusiasta all’idea di parlare di questo argomento. “Magari si potrebbero intervistare gli studenti coreani nella scuola”, propone qualcuno. Ma ancora nessuno si propone per seguire la notizia. Si passa all’argomento successivo. Qualcosa di simile era capitato la scorsa settimana in altri due istituti nella Carolina del Nord.

Più tardi chiedo ad alcuni studenti che cosa ne pensino di quanto sta accadendo nella penisola coreana, che sembra seriamente intenzionata a iniziare uno scontro con il proprio paese. “No, stanno bluffando, come al solito, non è una notizia qui”. Nonostante tutti gli sforzi per convincere l’opinione esterna che stavolta sta facendo sul serio e che non sarà il primo a mollare la presa in questo gioco della tensione, la preoccupazione nordocoreana fatica a entrare nella vita quotidiana degli Stati Uniti. Fino a poche settimane fa alcuni giornali ironizzavano su come la propaganda nordcoreana stesse facendo leggeri progressi nei propri video. Negli ultimi giorni i toni sono piu’ seri e le principali testate ed emittenti televisive stanno dando maggiore risalto alla notizia, anche con speciali ed esclusive sulla vita in Corea del Nord.

Si cerca di far conoscere di più il paese e perché’ il leader Kim Jong-un abbia improvvisamente alzato i toni. Mentre la CNN spiega che le nuove minacce dall’Estremo oriente sono qualcosa di diverso dal passato, perché arrivano da una persona giovane, imprevedibile, da un paese che si conosce ancora meno di prima e che ora sta puntando il dito direttamente contro gli Stati Uniti (a partire dall’isola di Guam), in pochi trovano motivo per preoccuparsi. La penisola coreana, pur con le numerose basi statunitensi sparse nel Sud, da qui appare comunque lontana.

Del resto, nemmeno a Seul, abituata da decenni a convivere con queste intimidazioni aeree e sotterranee, con i tunnel d’infiltrazione alle porte della capitale, la Corea del Nord fatica a diventare notizia. Per molti, rimane il rumoroso vicino che distoglie l’attenzione del mondo da un paese che continua la propria strada verso lo sviluppo tecnologico ed economico. “C’e’ tanto nervosismo e siamo preoccupati soprattutto per i cyberattacchi”, mi racconta un’amica da Seul. “Ma speriamo che il nuovo leader non sia così folle da arrivare ai missili. Sarebbe un suicidio”.

 

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