Vent’anni di carcere. E’ questa la pena a cui è stato condannato l’egiziano Sameh El Melegy, lo stupratore seriale accusato di violenza sessuale nei confronti di 20 donne a Milano. Il giudice per l’udienza preliminare di Milano Antonella Bertojaha ha accolto la richiesta del pubblico ministero Gianluca Prisco, titolare dell’inchiesta.
Pe lui erano stati chiesti 122 anni. Una condanna esemplare, ma teorica. La legge italiana, infatti, prevede in questi casi un massimo di trent’anni, pena che è stata ulteriormente scontata perché l’uomo, reo confesso e già in carcere, ha richiesto di essere giudicato con il rito abbreviato, soluzione che prevede lo sconto di un terzo della pena.
Il suo segno distintivo era una bici nera dal parafango molto alto, con la quale si avvicinava alle vittime, le seguiva fino a quando queste si trovavano in una situazione vantaggiosa per lui, in genere una strada buia e vuota. Lasciava la bici poco distante e a quel punto le aggrediva alle spalle apostrofandole con frasi volgari, cingeva il collo e le costringeva a un rapporto sessuale completo, orale, oppure a subire semplici toccamenti. A volte usava un coltello per minacciarle. Poi scappava con i cellulari e gli effetti personali. Proprio per questo era definito ‘lo stupratore in bici’. L’egiziano era stato fermato nel luglio scorso, grazie ad alcuni filmati delle telecamere di sorveglianza che lo ritraevano mentre gettava il telefono mezz’ora dopo avere commesso una violenza. Erano state proprio le vittime a riconoscerlo, sia dal viso, sia dal mezzo con cui aveva cercato di avvicinarle, la sua bicicletta. L’uomo è autore di uno stupro avvenuto in un parco del capoluogo lombardo nel 2010 e di 19 altri casi di violenza che si sono consumati tra gennaio e luglio 2012.
Il giudice ha condannato l’uomo anche a una multa per alcune rapine e furti commessi nei confronti delle sue giovani vittime, nove delle quali si sono costituite parti civili così come il Comune di Milano. A otto ragazze sono state liquidate provvisionali che vanno dagli 8 ai 20 mila euro, a una invece un risarcimento di 12 mila euro e a Palazzo Marino 10 mila euro per il danno di immagine.