Cultura

Pietro Maso: “Il male ero io”. Storia di un omicidio e di una redenzione

Il 16 aprile esce per Mondadori un libro in cui si racconta di come questo ex ragazzo della Verona bene uccise i genitori per ereditare. Ma anche del suo avvicinamento alla fede. Dopo aver scontato 22 dei 30 anni di carcere, il prossimo 15 aprile tornerà libero

Il suo delitto sconvolse l’opinione pubblica per la violenza con cui infierì sui genitori. Il 17 aprile 1991 Pietro Maso massacrò, con l’aiuto di tre amici, Antonio Maso (56 anni) e Rosa Tessari (48 anni) a Montecchia di Crosara (Verona), colpendoli ripetutamente con un tubo di ferro e con altri corpi contundenti. Tutto questo per intascare la sua parte di eredità (Pietro ha due sorelle maggiori, Nadia e Laura). Reo confesso, fu condannato a 30 anni di reclusione, pena scontata in carcere fino a ottobre 2008, quando ottenne la semilibertà.

Oggi Maso ha 41 anni, è sposato, lavora in una ditta milanese che assembla computer e, grazie alll’indulto e agli sconti di pena per buona condotta, il 15 aprile tornerà libero. Il giorno dopo arriverà nelle librerie “Il male ero io” (Mondadori), scritto con la giornalista Raffaella Regoli. Un racconto lucido, in cui il protagonista della vicenda descrive l’omicidio ma anche il periodo che seguì, la vita in carcere e la sua metamorfosi come uomo. Ecco alcune anticipazioni.

”Sono in piedi accanto ai loro corpi. Morti. Una linfa gelata mi è entrata dentro, nelle vene, nelle ossa, nel cervello”. Quasi fredda e distaccata la descrizione dell’assassinio: “Vado in bagno. Devo lavarmi. Apro a manetta l’acqua calda, tengo la testa bassa. Fisso le macchie sul dorso delle mani. E’ sangue. E’ il sangue di mio padre. E’ il sangue di mia madre. Ci è schizzato sopra, sulle dita”. Per questo ragazzo abituato al lusso, alla vita notturna, agli abiti alla moda, l’impatto con il carcere è un trauma: “Chi avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe accaduto – spiega – l’omicidio, il carcere. Di lì a poco non avrei avuto neppure un paio di slip per cambiarmi. Per anni ho avuto addosso solo i vestiti unti e consumati che qualche detenuto mi lasciava per pietà”.

Il libro non si ferma alla descrizione di quella notte, ma vuole testimoniare anche la redenzione di Maso e il suo avvicinamento alla fede avvenuti grazie all’incontro con don Guido Todeschini, direttore di Telepace, il primo ad avergli teso una mano in carcere. “Per la prima volta – sottolinea Maso – non sono solo un mostro”. “Io che sono stato schiavo tutta la vita di cose inutili, soldi, donne, gioco, discoteche, non voglio più essere schiavo di nulla”.