Il presidente della Consulta Franco Gallo esprime pesanti dubbi sul "Porcellum". Intanto un gruppo di cittadini attende la decisione dei giudici supremi. La memoria dei loro legali sottolinea che l'attuale normativa ha prodotto "ingovernabilità" e il premio di maggioranza regionale cancella l'uguaglianza dei cittadini-elettori. In più produce risultati distorti tra voti presi e seggi attribuiti. I più penalizzati? I Cinque stelle
Il Porcellum è di “dubbia costituzionalità”. Lo dice il presidente della Consulta Franco Gallo. Intanto pende davanti alla Corte di cassazione il ricorso di 27 cittadini contro la Presidenza del consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno, che denuncia proprio l’anticostituzionalità della legge elettorale attualmente in vigore e ne sottilinea diversi profili di “irrazionalità” e “irragionevolezza”. Una legge nata per garantire la governabilità, ma che nelle consultazioni di febbraio ha prodotto “al contrario l’ingovernabilità”.
Il ricorso, intentato dagli avvocati Aldo Bozzi, Giuseppe Bozzi e Claudio Tani, è in discussione davanti alla prima sezione civile della Cassazione, dopo essere stato respinto nei primi due gradi di giudizio. E il procuratore generale ha sollecitato proprio il rinvio alla Corte costituzionale.
E’ lungo l’elenco della accuse al testo partorito nel 2005 dal leghista Roberto Calderoli, poi da lui stesso definito “una porcata“. Ma tuttora in vigore, dopo che sono caduti nel vuoto i numerosi appelli del Presidente della repubblica Giorgio Napolitano ai partiti perché partorissero una nuova legge prima del voto di febbraio. E così dal Porcellum è uscita una situazione di stallo di cui, un mese e mezzo dopo le elezioni, non si vede la soluzione.
La “irragionevolezza” della legge Calderoli, scrivono i legali nella memoria presentata in Cassazione, sta innanzitutto “nella previsione di un premio di maggioranza” alla Camera “senza una soglia minima di voti”. Il partito che vince, anche di poco, anche con poco scarto dal secondo, conquista a Montecitorio una supremazia schiacciante. A questo si aggiunge il nodo del Senato, dove sono previsti “18 premi di maggioranza” su base regionale, in contrasto con il principio dichiarato di garantire la governabilità.
Non solo. Dato che il premio di maggioranza al Senato è tanto più consistente quanto più una regione è popolosa, il risultato è che “un elettore residente in Lombardia vale circa dieci volte di più di quello di un cittadino residente in Umbria o in Basilicata“. E qui i legali ravvisano una violazione “dell’articolo 48 della Costituzione”, secondo il quale il voto deve essere “eguale” per tutti i cittadini.
A riprova delle loro tesi, i cittadini anti-Porcellum portano numerosi paradossi usciti dalle urne del 24 e 25 febbraio. Alla Camera, il Movimento 5 stelle ha preso circa 8.689.000 e 109 deputati, il Pd 44mila voti in meno e ben 297 deputati, per effetto della legge che premia fortemente i partiti che si presentano in coalizione. Scelta civica ha preso 39 deputati con oltre 2.800.000 voti, Sel ne ha guadagnati 37 con poco più di un milione di voti.
Se poi si passa al Senato, i risultati sembrano più quelli di una lotteria che di un voto politico. Penalizzati, ancora una volta, i “solitari” Cinque Stelle, che con circa 7.374.000 consensi hanno guadagnato 54 senatori. Il Pd li ha doppiati – 109 senatori – prendendo solo un milione 300 mila voti in più. Il Pdl ha preso addirittura 98 senatori con 400mila voti in meno dei grillini. Rispetto alle coalizioni, altro paradosso: quella di Berlusconi prende più voti e meno seggi a palazzo Madama rispetto a quella guidata da Bersani. La legge elettorale, chiedono dunque i legali dei 27 cittadini che hanno promosso il ricorso, deve essere dunque “ricondotta con urgenza nell’ambito della costituzionalità”.