Le relazioni consegnate dalle commissioni "presidenziali" al capo dello Stato si soffermano anche su conflitto d'interessi, legge elettoriale, stipendi pubblici. "Aumenta la povertà, se ci sono soldi usarli per incentivare il lavoro". Ma spunta anche una riforma del Csm per limitare il peso dei magistrati. Le relazioni integrali
Il finanziamento pubblico ai partiti non è “eliminabile”, mentre le intercettazioni telefoniche devono essere uno strumento di “ricerca della prova” e non del “reato”, tesi cara al fronte berlusconiano. E spunta anche una proposta di riforma del Csm che mira a dare più peso ai componenti scelti dalla politica, rispetto ai magistrati, nelle decisioni disciplinari che riguardano le toghe. Sono alcune delle proposte dei dieci “saggi” nominati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Che, chiamati a sfornare idee “condivise” per sbloccare lo stallo di un paese impantanato nella crisi politica ed economica, hanno pensato bene di occuparsi di intercettazioni telefoniche e Csm, ma non per esempio di corruzione, una vera zavorra alla crescita economica.
”Se intendevamo dimostrare conquesta occasione che non esistono in politica aree di illegittimità o forze figlie di un dio minore rispetto alle quali chiudersi al dialogo per la formazione di un governo, credo che questo risultato sia stato raggiunto”, commenta significativamente il “saggio” del Pdl Gaetano Quagliariello. Il senatore elenca una serie di convergenze sui massimi sistemi istituzionali, poi aggiunge: “Il capitolo nel quale più significativa è risultata la piena legittimazione di importanti posizioni fin qui oggetto di pregiudizio è quello della giustizia”.
Segue la rivendicazione del successo sulla condivisione con le altre forze politiche di “norme più stringenti per l’avvio e la durata delle indagini e di riforma delle intercettazioni”, di “inappellabilità delle sentenze di assoluzione seppur nei limiti imposti dalla Corte Costituzionale”, dell’istituzione di “una Corte ‘non domestica’ per i procedimenti disciplinari in secondo e ultimo grado”. Grazie a tutto questo, conclude Quagliariello, “il centrodestra è un’area politica pienamente legittimata e il Pdl si conferma come una forza orientata alla ricerca del bene comune”.
Soldi ai partiti, conflitto d’interessi, legge elettorale, stipendi pubblici, legge elettorale, reddito di cittadinanza, riduzione dei parlamentari, snellimento burocratico, rifinanziamento della Cassa integrazione… In dieci giorni di lavoro, i dieci “saggi” indicati da Napolitano hanno prodotto le loro “ricette” su quasi tutti i campi dell’azione politica.
Va riconosciuta “la serietà del lavoro compiuto – ha detto Napolitano – al di là delle riserve che hanno accompagnato lo stesso annuncio dell’istituzione dei due gruppi”. I dieci saggi hanno saputo trovare “posizioni comuni” dimostrando un clima di dialogo che si deve trasmettere alle forze politiche. Ora le forze politiche devono mostrare “analoghi sforzi di buona volontà di intesa” anche in Parlamento.
Poi una precisazione: “Il limite del compito da assolvere, con la giusta attenzione a non interferire né con l’attività del Parlamento né con le decisioni che spettano alle forze politiche”. L’iniziativa di Napolitano di istituire le due commissioni “presidenziali” è indicato come il commiato del presidente della Repubblica, l’ultima iniziativa per agevolare la nascita di un governo.
La relazione della commissione “istituzionale”
Legge elettorale
Superare la legge elettorale vigente. Il nuovo sistema “potrebbe prevedere un sistema misto (in parte proporzionale e in parte maggioritario) un alto sbarramento, un ragionevole premio di governabilità”. I dieci saggi invitano anche ad abolire le circoscrizioni estere.
Il Parlamento e la governabilità
La governabilità sicura si ha solamente con una sola Camera, dicono i saggi nella relazione finale. “Nessun sistema elettorale garantisce automaticamente” la maggioranza in entrambi rami del Parlamento. “Diverse sarebbero le prospettive della stabilità se si attribuisse l’indirizzo politico a una sola Camera”. Da qui serve superare l’attuale bicameralismo perfetto “una delle cause della difficoltà di funzionamento del nostro sistema istituzionale”. I saggi propongono che ci sia una sola Camera politica mentre il Senato deve rappresentare le autonomie regionali. Solo la Camera vota la fiducia e ha il voto definitivo sui disegni di legge.
Ridurre i parlamentari e le commissioni da 22 a 10
Tra le proposte della commissione “istituzionale” anche la riduzione dei seggi: alla Camera da 630 a 480 e al Senato da 315 a 120 senatori. Nella loro relazione finale i “saggi” ipotizzano anche la riduzione delle Commissioni parlamentari permanenti dalle attuali 22 a 9 o 10 al massimo. Nell’ipotesi più snella gli accorpamenti prevedono le seguenti commissioni: Affari costituzionali e interni dello Stato e regionali; Giustizia; Affari internazionali e sicurezza dello Stato; Bilancio, tesopro e finanze; Cultura, istruzione e telecomunicazioni; Ambiente e tutela del territorio, infrastrutture e trasporti; Attività economiche e produttive, innovazione e tecnologie; Politiche sociali, lavoro e pari opportunità; Politiche dell’Unione Europea.
Finanziamento ai partiti
“Il finanziamento pubblico delle attività politiche in forma adeguata e con verificabilità delle singole spese, costituisce un fattore ineliminabile per la correttezza della competizione democratica e per evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l’attività politica”. Tra quanto prevede il documento finale dei “saggi” anche uniformare i soggetti deputati al controllo dei costi della politica. I controllori devono essere esterni e indipendenti.
E’ necessario comunque proseguire e rafforzare l’opera di riduzione e riorientamento della spesa pubblica delle amministrazioni (cosiddetta spending review), utilizzando e raffinando ulteriormente le analisi già svolte allo scopo di identificare le pratiche migliori, così da obbligare tutte le amministrazioni, centrali e locali, a spostarsi sulla “frontiera dell’efficienza”, modificando comportamenti stratificati nel tempo.
Legge sul conflitto di interessi. Ma senza spirito di parte
“Si pone il problema di prevenire il conflitto tra interessi privati e interesse pubblico da parte di coloro che sono chiamati a perseguire quest’ultimo” si legge nella relazione finale dei saggi sulle riforme. La relazione parla di “necessità di una legge sulla materia costruita non sulle aspirazioni dell’una o dell’altra forza politica, ma su proposte che non possano essere identificate come mosse da spirito di parte”; per esempio partendo dalle proposte dell’Autorità Antitrust.
Su incompatibilità decida giudice, non Camere
Modificare l’art. 66 della Costituzione in modo da attribuire “ad un giudice indipendente e imparziale” la decisione su legittimità dell’elezione, ineleggibilità e incompatibilità, togliendolo al Parlamento. I saggi sottolineano che ora c’è infatti il rischio “del prevalere di logiche politiche”.
“A Camera e Senato anche due comitati etici”
Per tutelare il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra i cittadini e chi esercita funzioni pubbliche, i “saggi”, propongono di istituire alla Camera e al Senato due distinti Comitati Etici. Si tratterebbe di Giunte costituite da 4 persone con esperienza parlamentare che dovranno vigilare su conflitto di interesse, compatibilità dell’attività e iniziative non parlamentari degli eletti e trasparenza della loro attività.
Albo delle lobby alle Camere
Istituire presso la Camera e Senato e nelle Assemblee regionali un Albo dei portatori di interessi. “I gruppi di interesse svolgono una legittima ma non sempre trasparente attività di pressione sulle decisioni politiche” ricordano i saggi secondo i quali serve un mezzo per garantire trasparenza ed evitare di alterare la concorrenza.
Le intercettazioni solo “per cercare le prove, non il reato”
Le intercettazioni devono essere un mezzo per la ricerca della prova “e non strumento di ricerca del reato”, dicono le commissioni presidenziali. Nel documento si propone di “porre limiti alla loro divulgazione perchè il diritto dei cittadini a essere informati non costituisca il pretesto per la lesione di diritti fondamentali della persona”.
Una Corte politica sopra il Csm
Il giudizio disciplinare sui magistrati va esercitato in primo grado dal Csm, ma in secondo grado da una Corte ad hoc. Lo propongono i saggi nella loro relazione finale. La Corte sarebbe composta per un terzo da magistrati, per un terzo da componenti eletti dal Parlamento e per un terzo da componenti nominati dal presidente della Repubblica. Nella relazione si affronta anche il tema dei magistrati che si candidano alle elezioni: i saggi sostengono che ai magistrati deve essere vietato di candidarsi nei luoghi ove ha esercitato la loro funzione. Vietato anche tornare a esercitare la funzione nei luoghi dove il magistrato è stato candidato.
La relazione della commissione “economica”
“Impennata del rischio povertà, sale 4 punti in un anno”
La percentuale delle persone a rischio di povertà o esclusione è salita in Italia è salita di 4 punti in un solo anno: è rimasta stabile intorno al 25% tra il 2005 e il 2010 ed è salita, tra il 2010 e il 2011, al 28,2% “con un aumento di ben 4 anni in un solo anno”.
Entro giugno serve un miliardo per la cassaintegrazione in deroga
I saggi, nella relazione consegnata a Napolitano, rilevano “l’urgenza di rifinanziare entro il mese di giugno il meccanismo degli ammortizzatori sociali in deroga per il secondo semestre dell’anno 2013 (circa un miliardo di euro)”.
Lavoro principale emergenza
I saggi della commissione economica aggiungono che “la principale emergenza che ci troviamo oggi ad affrontare” è “quella del lavoro e della conseguente crescita della povertà” e “la via maestra” per combatterlo è lo “sviluppo economico equo e sostenibile”. Destinare “qualunque sopravvenienza finanziaria possa manifestarsi nei prossimi mesi alla priorità dell’emergenza lavoro e del sostegno alle persone in grave difficoltà economica, nella forma di un alleggerimento dell’imposizione diretta sul lavoro”. Lo scrivono i saggi nel loro documento.
Reddito minimo: “Oneroso, ma si valuti”
Il reddito minimo di inserimento è una misura “onerosa e quindi difficilmente realizzabile nelle attuali condizioni di bilancio a meno di una decisa redistribuzione delle risorse disponibili”. “Il gruppo di lavoro – viene sottolineato – non ha avuto modo di analizzare in dettaglio le diverse proposte; tuttavia, ritiene utile suggerire un approfondimento della questione nell’ambito di un possibile ridisegno delle politiche sociali”.
Fisco: “Riprendere i negoziati con la Svizzera”
I saggi propongono al governo “di valutare l’opportunità di riprendere i negoziati bilaterali con la Svizzera per un accordo di trasparenza ai fini della tassazione dei redditi transfrontalieri di natura finanziaria. In parallelo, il Governo può attivarsi in sede Ue affinché l’Unione stessa negozi un tale accordo, in nome di tutti gli Stati membri”.
“Eventuali entrate subito per ridurre tasse sul lavoro”
Quanto alla redistribuzione dell’onere fiscale e delle risorse raccolte “sono prettamente politiche e il gruppo ha ritenuto di non potervisi addentrare”. I saggi raccomandano quindi di destinare le maggiori eventuali entrate a ridurre il peso del fisco sui redditi da lavoro. Tanto che diventa urgente definire “il nuovo indicatore della situazione economica equivalente (Isee), partendo dalla proposta già discussa presso la conferenza Stato-Regioni”. Quello attuale determina “iniquità e distorsioni”.
“Il fisco disincentiva la famiglia, cambiare per più nascite”
Il sistema fiscale italiano ha oggi addirittura dei “disincentivi” per la famiglia che vanno invece “eliminati”. “Da tempo la famiglia italiana – scrivono i saggi – svolge una faticosa funzione di supplenza, al punto da essere considerata il principale ‘ammortizzatore socialè del Paese. La crisi ha reso ancora più fragile la condizione delle famiglie, con effetti negativi anche sulla loro capacità di farsi carico di attività di assistenza sia all’interno delle reti familiari, sia verso l’esterno. Va poi notato che, a seguito dell’allungamento della vita media e al calo della natalità – prosegue la relazione – l’Italia va incontro a squilibri crescenti di natura demografica. Inoltre, il problema della non autosufficienza è destinato a divenire ancora più rilevante”. “In questo quadro, si segnala l’opportunità di ripensare l’attuale sistema fiscale – concludono i saggi – allo scopo, da una parte, di riequilibrare l’attuale dinamica demografica, tendendo almeno ad eliminare i disincentivi esistenti, di fatto, per i nuclei familiari”.