Un’udienza di pochi minuti, giusto il tempo per il giudice di dimettersi dal suo incarico per conflitto di interessi. Il nuovo processo per Hosni Mubarak, i suoi due figli, il ministro dell’interno Habib Adly e sei dei suoi funzionari è ricominciato con un colpo di scena. Il giudice, Moustafa Hassan Abdallah, ha rinviato il dossier alla corte d’appello dicendo di non essere in grado di giudicare gli imputati.
Oggi al Cairo era il giorno della prima udienza sui crimini commessi durante i 18 giorni della rivoluzione egiziana – tra il 25 gennaio e l’11 febbraio 2011 – quando 860 persone rimasero uccise negli scontri in tutto il paese. La prima sentenza per gli imputati, pronunciata a giugno dello scorso anno che condannava Mubarak all’ergastolo, era stata annullata alcuni mesi fa per un vizio di forma nelle indagini. Inoltre, la dichiarazione costituzionale, emessa dal presidente islamista Mohammed Morsi lo scorso dicembre, ordinava l’apertura di nuove inchieste per i responsabili dei crimini della rivoluzione.
“Siamo soddisfatti delle dimissioni del giudice – spiega Kady Farid, avvocato delle vittime della rivoluzione –. Con la nuova nomina abbiamo buone possibilità di ottenere un giudice meno corrotto”. Il giudice Abdallah era stato infatti già contestato dopo la sentenza per la battaglia dei cammelli (uno degli episodi più sanguinosi della rivoluzione), con cui diversi poliziotti erano stati assolti o condannati a pene irrisorie. All’interno dell’accademia di polizia del Cairo, dove si svolge il processo, le parole del giudice hanno fatto scoppiare il caos tra gli avvocati e i familiari delle vittime mentre l’ex rais con gli occhiali da sole e i capelli perfettamente tinti di nero, stava seduto assieme ai suoi due figli.
“Mubarak a quanto pare sta molto bene, non è nemmeno in barella – dice Fatima una manifestante arrivata di fronte all’accademia di polizia –. Questo dimostra che le notizie sul suo stato di salute sono false”. Fuori dall’accademia si sono ripetuti i sit in che hanno scandito i 10 mesi del precedente processo. C’è chi supporta Mubarak, chiedendo l’assoluzione del rais, e ci sono i manifestanti che chiedono pene esemplari per chi ha ucciso i martiri della rivoluzione. “Non so quanto tempo dovrò aspettare per avere giustizia – afferma Mostafa, fratello di una manifestante morto in piazza Tahrir -. Siamo comunque contenti della nomina di un nuovo giudice che sarà sicuramente meglio di Abdalla”.
Le due manifestazioni, tenute ben separate dalle Forze di sicurezza centrale e da diverse transenne, cominciate dal primo mattino, sono durate poco. Ora, secondo fonti giudiziarie, ci vorranno due settimane per avere la nuova nomina del giudice e un mese per conoscere la nuova data del processo che potrebbe ricominciare a fine maggio. Inoltre, l’udienza di oggi arriva alcuni giorni dopo la pubblicazione sul Guardian degli stralci di un dossier, commissionato dalla presidenza egiziana e mai reso pubblico, che vedrebbe i militari complici delle torture durante i giorni della rivoluzione. Un documento che secondo alcuni avvocati e attivisti dei diritti umani, se reso pubblico, potrebbe portare a nuovi risvolti giudiziari