C’è una pessima tradizione dei media italiani, di non spiegare i fatti dietro alle notizie. Per carità, io non credo affatto nella perfetta neutralità dell’informazione: solo l’ordine con cui le notizie sono esposte, le parole che si scelgono per presentarle ecc. dovrebbero sgombrare il campo dalla possibilità di “tenere i fatti separati dalle opinioni”. E’ un mito che può essere pericoloso. Ma in Italia si esagera: i fatti non si spiegano proprio.
Prendiamo quattro esempi relativamente recenti.
L’Aquila: è tristissimo che si sia speculato sulla ricostruzione, e la condizione di semi-profughi di parte degli abitanti è inammissibile, se protratta a lungo. Ma tutti parlano della necessità inderogabile di ricostruire il centro storico. Pochissimi però ricordano ai lettori che l’operazione costa, e si tratta solo di un preventivo, 5 miliardi, uno all’anno circa. Questi costi sono connessi ovviamente al fatto che rendere antisismici edifici storici costa mediamente di più che farli nuovi. Il risultato sarebbe di avere un centro storico antisismico in mezzo a un mare di centri storici che antisismici non possono essere, e mezza Italia è in zona sismica. Forse è prioritario spendere così gli (scarsissimi) soldi pubblici. Ma forse no: il dubbio è, purtroppo, legittimo, e la decisione tutt’altro che ovvia rispetto ad altri usi sociali delle risorse, soprattutto in un periodo di tagli come questo.
La Commissione Europea ha richiesto di restituire 360 milioni a una società dei servizi aeroportuali degli aeroporti milanesi (la Sea), di proprietà del Comune, in quanto “aiuti di Stato”, proibiti in questo caso dalla normativa europea. Apriti cielo! L’unica questione sollevata dalla stampa è come bloccare la multa, ricorrere contro l’iniqua sanzione ecc.. Nessuno ha sollevato il dubbio che quei soldi dei cittadini fossero stati buttati dalla finestra con quegli aiuti indebiti. L’ira dei lettori è stata automaticamente dirottata contro il poliziotto, non contro il (possibile) ladro. La difesa dell’occupazione è poi la scusa che si usa sempre a posteriori, per giustificare qualsiasi gestione disastrosa o clientelare, anche nella sfera privata.
Nel caso invece dei marò e dei pescatori indiani uccisi, il Fatto Quotidiano è davvero da segnalare per tempestiva obiettività, rispetto agli altri media italiani, che si sono immediatamente battuti come leoni nel sostenere la loro certa innocenza e la perfidia degli indiani. Ma di certo è emerso finora solo che due poveracci sono stati uccisi da fucili di precisione italiani, forse per sbaglio (che poi ci siano stati precedenti episodi di pirateria lungo le coste del Kerala sembra difficile, visto che non ci sono porti-rifugio in quell’area). Immaginiamoci cosa sarebbe successo se un militare indiano sparando da una nave avesse ucciso per sbaglio due commercialisti di Modena usciti in motoscafo in Adriatico….
Chi sa davvero da dove deriva l’annosa questione delle “quote latte”, che hanno generato grandi proteste degli allevatori (protetti dalla Lega) e multe rilevantissime, in parte di nuovo pagate da noi? Anche qui, si strilla contro le inique sanzioni europee, che impediscono alle nostre imprese di lavorare. Ma non è così: la forsennata politica europea sovvenziona non solo l’agricoltura, ma anche il latte. Solo stabilisce delle quantità massime di produzione da sovvenzionare (le quote), per non indurre gli allevatori a produrre artificialmente troppo al solo fine di incassare i sussidi (cosa che è successa regolarmente per moltissime altre produzioni). I nostri produttori di latte hanno prodotto e incassato dall’Europa molto più del dovuto. Nessuno multa nessuno se produce latte e non chiede sussidi! Magari la ripartizione internazionale di queste quote può essere discutibile, e rinegoziabile, ma alla radice c’è sempre un furto di soldi dei contribuenti (i sussidi europei li paghiamo alla fine noi, nessuno ci fa regali).
Conclusione elementare: l’esposizione ideologica delle notizie è inevitabile, entro certi limiti. Ma un minimo di decenza informativa di base è irrinunciabile. Occorre per forza salvare capra e cavoli: dichiarare la propria visione dei fatti, ma cercare ugualmente di mettere in luce, nel raccontarli, dove questa visione potrebbe essere opinabile da approcci diversi dal proprio.