La fotografia della Curia romana è stata scattata un quarto di secolo fa. Ma il mondo e la geografia della Chiesa cattolica sono cambiati notevolmente. E Papa Francesco, riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle congregazioni generali precedenti il conclave che esattamente un mese fa lo ha eletto, ha costituito un gruppo di otto cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica “Pastor bonus” sulla Curia Romana. Questo documento, approvato da Giovanni Paolo II il 28 giugno 1988, è l’ultima riforma della macchina curiale.
Prima del Papa polacco solo Paolo VI aveva avuto il coraggio di riformare la Curia romana. Una decisione, quella presa oggi da Bergoglio, all’insegna della collegialità episcopale che, come si è capito la sera stessa della fumata bianca, sarà il metodo di governo della Chiesa universale che adotterà Papa Francesco. La scelta assai repentina del Pontefice argentino indica non solo la necessità largamente condivisa – e non certo da oggi – nel collegio cardinalizio di una riforma della macchina curiale, ma anche una chiara intenzione di Bergoglio di tagliare molti dicasteri vaticani.
Una sorta di ‘santa spending review‘ all’insegna di quella austerità che Francesco sta incarnando nei primissimi passi da Pontefice. A rivelare la mission che il Papa ha voluto affidare a questo gruppo di porporati sono i profili degli otto eminentissimi scelti da Francesco. A differenza di Benedetto XVI, che chiese a tre cardinali ultraottantenni e quindi non elettori di indagare sulla vicenda Vatileaks (peraltro due su tre appartenenti alla Curia romana), il Papa argentino si affida a otto porporati che hanno partecipato al conclave che lo ha eletto e che, è facile immaginare, abbiano sostenuto non solo la sua candidatura, ma anche la sua visione di una Chiesa povera e per i poveri che, sconfitto il centralismo della Curia romana, dia sempre più voce alle periferie del mondo. Sette di essi, infatti, sono vescovi residenziali, cioè a guida di grandi diocesi del mondo.
I loro nomi sono: Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile, Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, George Pell, arcivescovo di Sydney, e Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, che coordinerà gli eminentissimi. Francesco ha, inoltre, ha affidato il ruolo di segretario di questo gruppo di cardinali a monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, diocesi dove si trova la residenza di Castel Gandolfo, che dal pomeriggio del 28 febbraio scorso ospita Benedetto XVI.
La prima riunione collettiva si terrà dal primo al 3 ottobre prossimi, ma il Papa è sin d’ora in contatto con gli otto porporati. Dei cardinali scelti da Papa Francesco per formare questo speciale gruppo di lavoro, cinque hanno ricevuto la berretta rossa dal suo diretto predecessore e tre, invece, da Giovanni Paolo II. Tra gli eminentissimi individuati da Bergoglio non compaiono né il Segretario di Stato vaticano in carica, Tarcisio Bertone, e nemmeno i capi dicastero della Curia romana. Il cardinale Bertello, unico porporato con un incarico a Roma, ha alle spalle una brillante carriera diplomatica che lo ha visto, prima di arrivare in Vaticano nel 2011, Nunzio apostolico in Messico e poi in Italia. Che sia lui il prossimo Segretario di Stato?
@Francesco Grana